domenica 31 marzo 2019

Cineografo Americano



A destra il palazzo Steinfeld (con i tre ingressi ad arco) che ospitò il Cineografo Americano, attigua la casa Rusconi con la farmacia Vielmetti - dettaglio di foto collezione Antonio Paladini.


Particolare dell'ingresso del cinema, nella lunetta è visibile l'insegna: "Cineografo Americano - C.Böcher".

Il 1905 fu un anno importante per l'attività cinematografica a Trieste, dopo le sistemazioni provvisorie del cinema ambulante iniziarono la loro attività i primi impianti stabili in locali appositamente attrezzati per le proiezioni. La cronaca non dà molto risalto alla nascita del primo tra questi, un semplice annuncio sul quotidiano "Il Piccolo" informa sulla prossima apertura in piazza della Borsa 15 (attuale n°12) della sala denominata "Cineografo Americano". Il Palazzo Steinfeld che la ospita venne costruito nel 1903 sul sito di una preesistente casa settecentesca, al pianterreno della quale già si trovava il "Panorama Internazionale", locale dove si poteva fruire a pagamento di dispositivi ottici per le proiezioni di immagini in movimento. Quando la sala cinematografica chiuderà i battenti gli spazi verranno rilevati dalla Farmacia Vielmetti "Allo struzzo d'oro", oggi farmacia alla Borsa, che si trasferirà dall'adiacente casa Rusconi.

Ingresso del Cineografo Americano in piazza della Borsa 15, attuale numero civico 12.


Una targa esposta all'esterno della Farmacia alla Borsa ricorda che quegli spazi furono occupati dal Cineografo Americano e che il gestore, Giuseppe Caris, fu uno degli impresari che seguendo l'idea di James Joyce aprì il Cinematograph Volta a Dublino.

Riguardo la scelta del nome riporto la descrizione che ne dà Dejan Kosanović: «Il nome lo si può spiegare soprattutto con ragioni pubblicitarie: il termine "Cineografo" lo distingueva da tutti gli altri cinematografi già visti e l'aggettivo "Americano" lo associava al paese di Edison, a quell'America dalla quale giungevano le più disparate e nuovissime meraviglie».
Il giorno di Natale del 1905 aprì anche la seconda sala stabile della città, il Salone Edison -Cinematografo Ideal (la seconda parte del nome indicava l'apparecchio usato per le proiezioni), nel palazzo Vianello in via del Torrente (oggi via Carducci).
Proprietario di entrambi gli esercizi era Carlo o Karl Böcher [1] nato a Dresda e che all'inizio del secolo aveva cominciato l'attività con il suo cinema ambulante nel nord Italia.


Annuncio pubblicitario apparso sul quotidiano "Il Piccolo" dell'11 agosto 1905 che riporta il programma di apertura della nuova sala: "Napoleone Bonaparte", pellicola di grande richiamo in dieci quadri, seguito dalle comiche.

Immagine tratta da "Trieste al cinema" di D.Kosanović. (collezione Biblioteca Civica Trieste)

Il 12 agosto 1905 il Cineografo Americano proiettò il primo film dal titolo "Napoleone Bonaparte", in dieci quadri per una durata di 15 minuti, la pubblicità prometteva: "un nuovissimo apparato senza vibrazioni", infatti lo scintillio era un difetto alquanto diffuso nei proiettori dell'epoca, cosa che pregiudicava lo spettacolo e irritava gli occhi. La proiezione ebbe molto successo e il pubblico entusiasta accorse nei giorni seguenti sempre più numeroso trovandovi le pellicole più famose del tempo, che essendo molto brevi venivano proiettate più d'una per realizzare l'intero programma.
Lo spettacolo era muto, ma le didascalie aiutavano a comprenderne lo svolgimento e in assenza di queste interveniva un commentatore, che poteva essere anche lo stesso gestore, inoltre non mancava mai un accompagnamento musicale, spesso suonato dal vivo da un pianista che nelle sale più grandi si affiancava a uno o due violini e un contrabbasso, cosa che in parte serviva per coprire il fastidioso ronzio del proiettore, in parte per caratterizzare le scene e creare un'atmosfera gradevole nell'attesa che iniziasse la proiezione, negli intervalli e alla fine del programma.

Tenendo conto che si trattava della prima sala aperta in città, il prezzo del biglietto d'ingresso era abbastanza modesto, 50 centesimi per i primi posti, il costo e l'estrema elasticità degli orari, che consentivano la visione anche ai lavoratori, furono tra i principali motivi per cui in breve il cinema divenne una forma di spettacolo molto popolare.
Nel giugno del 1906 il Cinema Americano chiuse per diversi mesi nei quali venne rinnovato e alla riapertura fu pubblicizzata una nuova apparecchiatura con "splendide proiezioni di attualità e colorate", le pellicole erano colorate a mano fotogramma per fotogramma, oppure con il Pathé Color (introdotto nel 1905 e ribattezzato Pathéchrome nel 1929) che divenne uno dei più accurati e affidabili sistemi di colorazione a maschere.

Propaganda e richiami pubblicitari
Nonostante il successo, la stampa risultò essere piuttosto avara nel dar notizie sugli sviluppi del cinema in città, mentre vennero commentate dettagliatamente le opere teatrali e gli altri spettacoli. Il tamburino (l'elenco degli spettacoli che compare sui quotidiani) non ancora molto diffuso, riportava i nomi di poche sale cinematografiche anche perché essendo la pubblicazione a pagamento pochi gestori potevano permettersi la spesa e preferivano affidarsi ad altre forme pubblicitarie come l'affissione di manifesti ricchi di titoli e illustrazioni, sia sui muri della città che all'esterno del cinema stesso, dove erano pure motivo di richiamo le evidenti insegne luminose; altro sistema efficace era lo strillonaggio, dove un imbonitore a gran voce invitava la gente a entrare annunciando il titolo e decantando la trama, spesso con largo anticipo rispetto all'orario reale; ultimo metodo era l'avviso di inizio spettacolo, con lo squillo forte e continuato di un campanello fissato all'esterno dell'ingresso.


Da sinistra casa Rusconi con la farmacia Vielmetti con l'insegna "apotheke", adiacente il palazzo Steinfeld che ospitava l'Hotel Union con al pianterreno il Cineografo Americano - foto collezione Antonio Paladini.
Evoluzione del cinema a Trieste
Nei mesi più caldi sicuramente non era piacevole soggiornare nei locali poco areati e rinfrescati solo da ventilatori, motivo per cui in questi periodi alcuni gestori sospendevano le proiezioni approfittandone per adattare le sale alle nuove norme riguardanti l'attività cinematografica, in particolare le misure antincendio che si facevano sempre più dettagliate e severe. Una delle prime disposizioni prevedeva che le pellicole di celluloide, altamente infiammabili, dovessero venir chiuse in scatole metalliche e nel 1908 ci fu inoltre l'obbligo di separare la cabina di proiezione dalla sala e per l'operatore di sostenere un esame che lo abilitava alla professione.

Con il perfezionamento degli apparecchi di ripresa e proiezione si ebbero degli apprezzabili miglioramenti, le pellicole, sempre trainate a manovella dall'operatore, si fecero più lunghe, la varietà dei generi aumentò, riuscendo a interessare diverse fasce di pubblico: drammi, commedie, comiche, film storici, documentari scientifici, riprese dal vero ecc.
Diversi i tentativi di inserimento del sonoro con vari sistemi di sincronizzazione fra pellicola e grammofono, in modo da far percepire rumori, canti e voci contemporaneamente all'azione, non sempre però i risultati furono ottimali, perché facilmente si perdeva l'accordo, ma le tante novità mantenevano viva l'attenzione del pubblico che apprezzava curioso.

Il cinema era anche luogo di informazione, i fatti di cronaca venivano già divulgati con il cinema ambulante, ma nel 1907 nacque in Francia il primo "Cinegiornale", "moda" che si diffuse rapidamente portando le case di produzione a organizzare rassegne d'attualità da proiettare prima dello spettacolo, con sostituzioni settimanali o bisettimanali. Il pubblico attendeva questo appuntamento con interesse, affascinato dal poter vedere le immagini degli avvenimenti appresi dai quotidiani.

Tutte le sale facevano il pienone, però erano concentrate nel centro cittadino e dal momento che il cinema stava divenendo la forma di divertimento più diffusa, per acquisire nuovi spettatori vennero aperti ulteriori esercizi nei vari rioni e in periferia, come conseguenza nel 1909 si contarono ben 21 sale stabili, raggiungendo così il numero massimo prima della Grande Guerra. Nonostante questo alcuni continuarono a snobbare il cinema trovando che fosse un divertimento volgare, tanto da definirlo " il teatro per i cretini". Anche Stanislaus Joyce nel 1907 scriveva nel suo “Book of Days”: Ritengo che i cinematografi siano il segno più evidente della corruzione americana. Trieste ne è piena e questi più volte nel corso della notte straripano di gente che vi si reca per vedere ciò che ha già visto e rivisto. Fortunatamente non la pensava allo stesso modo il fratello James Joyce, grande frequentatore delle sale cinematografiche che nel 1909, assieme ai soci inaugurò il "Cinematograph Volta" a Dublino.

Sempre nel 1909 ci fu il graduale passaggio dalla vendita diretta delle pellicole al sistema del noleggio, ora il gestore poteva accedere alle pellicole a un prezzo più basso e offrire al pubblico un maggior numero di spettacoli ottenendo maggiori introiti, nel contempo però un eccessivo sfruttamento delle copie portò a un abbassamento qualitativo delle proiezioni.

Nello stesso anno stava sparendo il cinema ambulante che nonostante le numerose sale stabili aveva continuato l'attività. Grazie al rapido sviluppo dell'industria cinematografica arrivarono un maggior numero di pellicole dall'Italia, che assieme a quelle americane salirono ai primi posti nel gradimento del pubblico, mentre fino ad allora la maggioranza dei film proveniva dalla Francia e dalla Germania.
 
Volantino pubblicitario del 1909 con elencati i programmi della serata.
Collezione Iure Barac
Nuova direzione
Nell'agosto del 1908 al Cineografo Americano, dopo un periodo di chiusura per rinnovo dei locali, arrivò un cambio di gestione e le proiezioni ripresero con un lancio pubblicitario sul tamburino del quotidiano "Il Piccolo". Il nuovo direttore era Giuseppe Caris, che da subito ne fu probabilmente anche il gestore, benché nelle guide della città il suo nome inizi ad apparire solo nel 1910, anno in cui il cinema venne chiamato solo "Americano".
In questi anni vennero proiettate pellicole di grande richiamo e destarono molto interesse anche i documentari di cronaca, spesso prodotti dai gestori stessi, dove gli operatori riprendevano avvenimenti spettacolari, come le visite di personaggi famosi o le calamità naturali e che dopo un veloce montaggio arrivavano nelle sale. Esempio ne furono le immagini del terribile terremoto che colpì Reggio Calabria e Messina il 28 dicembre del 1908, pronte per la vendita dopo meno di una settimana e che vennero proiettate al cinema Americano nel gennaio del 1909; un altro grave incidente tempestivamente ripreso e proiettato accadde il 31 marzo 1910, quando alcune carrozze della linea ferroviaria Trieste-Parenzo, alla foce del Rio Ospo, furono rovesciate dalle forti raffiche di bora; il 15 giugno 1911 un fortunale colpì la città causando morti e gravissimi danni alle imbarcazioni e alle rive, ripreso e prodotto da Caris e Rebez venne proiettato solo due giorni dopo l'accaduto con il titolo "Lo spaventevole ciclone di Trieste".
 

Nel dicembre del 1911 sul volantino vediamo che il cinema ora viene chiamato "Salone Americano" e presentato come "il più elegante e aristocratico Cinema di Trieste", in chiusura del programma immancabili le comiche.
Pubblicato per gentile concessione del Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”.

Ultima gestione del Cinema Americano
Dal 1911 fino al maggio del 1916, anno che segnerà la chiusura del Cineografo Americano, la gestione passerà alla Società Cinematografica Triestina che cambierà il nome del cinema in "Salone Americano", la società era formata da Giuseppe Caris, Giovanni Rebez e Lorenzo Terzon, proprietari rispettivamente dell'Americano, del cinema Edison e del Novo Cine in via dell'Acquedotto 37, il vantaggio di questa collaborazione era la riduzione delle spese, sia con la pubblicazione di annunci condivisi che con lo scambio delle pellicole.


Inserzione pubblicitaria condivisa delle due sale gestite da Giseppe Caris e pubblicata su il quotidiano "Il Piccolo" del 10 febbraio 1915 - foto tratta da atlantegrandeguerra.it

Dopo l'inizio del primo conflitto le proiezioni continuarono anche se con le limitazioni dovute al periodo, il pubblico voleva trascorrere un paio d'ore dimenticando la difficile realtà e l'affluenza alle sale rimase elevata, ben presto questo mezzo venne sfruttato anche a fini propagandistici, sia nei film a soggetto che nei cinegiornali di guerra con la documentazione filmata degli avvenimenti militari. 
Non è facile sapere se il Salone Americano continuò regolarmente l'attività nel periodo bellico, Dejan Kosanovic nel suo libro riporta i nomi di alcune proiezioni fino al mese di maggio 1916 quando il Salone Americano cessò definitivamente l'attività.




[1] Carlo/Karl Böcher - nato a Dresda nel 1870
Nei primi anni del '900 con un carrozzone adibito a cinematografo girò il nord Italia, il suo nome è documentato nelle grandi città in occasione delle fiere e altre feste popolari.
Sposato con Enrichetta Fuchs continuò la sua attività con il cinema ambulante.
Nel 1905 aprì le prime due sale stabili a Trieste, il 10 gennaio 1909 inaugurò l'Edison, prima sala cinematografica a Trento, che venne lasciata in gestione ad Angelo Brinsek.
In un articolo apparso sul quotidiano "Il Trentino" del 21 marzo 1911 è riportato un incidente automobilistico "...capitato al signor Böcher titolare del cinema Edison", A.Bernardini scrive che nel 1911 la vedova di Böcher gestiva a Vicenza un baraccone cinematografico (nota a pag 72 del "Cinema muto italiano" 1905-1909), per cui è possibile che il 1911 sia l'anno del suo decesso.


Testi consultati:
"Trieste e il cinema" di Fulvio Toffoli supplemento del quotidiano "Il Piccolo"
"Trieste al Cinema" 1896-1918 di Dejan Kosanović.
"I cinematografi di Trieste" di Dino Cafagna
"Cinema muto italiano" 1896-1904 / 1905-1909, di Aldo Bernardini
Il Piccolo 14/01/2009
"Inizi lo spettacolo! Storia del cinematografo a Trento 1896-1918" di Mauro Bonetto e Paolo Caneppele

Catalogo della ventesima edizione di Trieste Film Festival (articolo di John Mc Court)

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