domenica 18 marzo 2018

Cappella della Santissima Trinità dell'Episcopio

                                                               
La raffinata stilizzazione dei motivi decorativi, il dominio della bicromia totale del bianco e dell'oro, come ogni altro particolare della cappella, seguono i canoni della secessione viennese. I banchi in legno traforati appartengono agli arredi sacri del transatlantico Rex, salvati dal saccheggio da Monsignor Santin.

Dimore vescovili

La prima sede vescovile si trovava in via del Castello, poi la curia venne trasferita in via della Sanità (oggi via Diaz), nel 1823, con il vescovo Antonio Leonardis, passò nel palazzo Mauroner, nell'attuale via Torino, nel 1854 l'edificio risulta ceduto al capo della comunità serbo-ortodossa Alessandro Covacevich, infine il Vescovado si sposterà nel palazzo Vicco in contrada di Cavana.


Palazzo Vicco ripreso da via dell'Annunziata.
Foto Sergio Sergas.

Il palazzo Vicco

Il portone centrale è racchiuso da doppie semicolonne a sostegno di una trabeazione decorata con metope e triglifi, in chiave di volta è collocato un panduro raffigurante un volto d'uomo. Sovrasta l'ingresso un balcone con balaustra in ferro battuto decorato da motivi geometrici e floreali, su cui si apre una porta finestra inquadrata da una cornice in pietra decorata con timpano curvilineo.


Ingresso del palazzo.
Foto Margherita Tauceri.

Storia del palazzo Vicco attuale sede della Curia Vescovile o Episcopio

Il sito dove oggi sorge il Vescovado in tempi lontani era occupato dall'Ospedale femminile, detto dell'Annunziata, poiché vi era annessa una cappella dedicata alla B.V. Annunziata, da cui deriva il nome della via. L'edificio cadde in rovina e venne riedificato nel 1355 da Domenico Ceclino, passò diverse proprietà e nel 1770 la cappella e l'ospedale vengono abbandonati, per poi essere demoliti nel 1795. Il fondo venne acquistato dal negoziante portoghese Antonio Vicco, il quale tra il 1796 e il 1797 vi fece costruire l'attuale edificio.
Dal 1813 in questo palazzo trovò rifugio l'esiliato ministro di polizia Joseph Fouché, duca d'Otranto, che vi rimase fino alla sua morte avvenuta il 26 dicembre 1820. Successivo proprietario fu il negoziante dalmata Giovanni Rajovich, che nel 1832 lo cedette al sovrano erario. Nel 1841, con il vescovo Matteo  Ravnikar (
Raunicher), il palazzo venne destinato a Episcopio (residenza della curia vescovile). A quel tempo la cappella era dedicata alla Madonna Addolorata, che vediamo raffigurata nella tela dei primi '900 da Eugenio Scomparini (1845-1913), con in mano la corona di spine, i chiodi e il tallìt o scialle di preghiera (indumento rituale ebraico), oggi esposta nella cappella. 

                                                                 
Tela della Madonna Addolorata che stringe fra le mani i simboli della passione, opera realizzata i primi anni del '900 da Eugenio Scomparini, attualmente esposta nella cappella episcopale.
                                                                         


Cappella della Santissima Trinità dell'Episcopio.
Foto Sergio Sergas.


Il Vescovo Andrej Karlin.

L'arrivo del Vescovo Andrej Karlin [1]                      


Il 19 marzo 1911 Andrej Karlin viene ordinato Vescovo di Trieste e Capodistria, due anni dopo commissiona all'architetto Ivan Vurnik [2] la modifica della cappella esistente nel palazzo di Cavana. Un atto coraggioso, perché forse è la sola volta che l'arte della "Sezession" entra in un ambiente sacro. Vurnik svolge il progetto con intenzioni innovative, vengono mantenute le dimensioni preesistenti della cappella, "...ma lo spazio assume un carattere unitario, completamente nuovo, immacolato e solenne...", "...nessuno guardando quest'opera rimarrà impassibile..." scrive l'artista nelle sue lettere al Vescovo.


                            
Il maestoso altare realizzato in marmo bianco di Carrara, dove troviamo il Padreterno affiancato da due cherubini con il manto decorato con croci a fare da sfondo alla composizione del Cristo, adornato da una corona di spighe e grappoli d'uva che ricordano l'eucarestia. Nel vertice inferiore dell'impianto compositivo triangolare si posiziona invece lo Spirito Santo.


La Cappella della Santissima Trinità

L'architetto Ivan Vurnik inizierà i lavori di innovazione nel 1913 e li porterà a compimento in meno di un anno.
La cappella dell'Episcopio, esempio di secessione viennese ricco di decorazioni geometriche, si basa su una bicromia che coinvolge tutto l'ambiente: il bianco e l'oro. Ritroviamo il primo dei due colori nel marmo di Carrara delle sculture, nelle pareti, nel mosaico, che si alterna a decorazioni con lo smalto dorato, al tabernacolo, alla foglia d'oro che ricopre i capitelli. Ogni dettaglio previsto da Vurnik è il risultato di un preciso progetto che comprende i tendaggi, i candelabri e il completo arredo sacro; della precedente cappella verranno mantenute solo le colonne i cui capitelli sono stati dorati con con foglia d'oro per creare una continuità stilistica. Il Vescovo Andrej Karlin segue ogni fase con entusiasmo e attenzione, dimostrando tolleranza e solidarietà per gli inevitabili contrattempi, di questo rimane testimonianza nella fitta corrispondenza intercorsa con l'architetto.
Sono state conservate le fatture per i lavori e il materiale usato, attraverso questi documenti si possono conoscere le maestranze, gli artigiani e le botteghe che hanno collaborato alla realizzazione di questo lavoro. La riuscita di questo straordinario progetto si deve soprattutto all'abilità degli assistenti scelti da Vurnik: lo scultore Jožef Pavlin, il decoratore e pittore Giacomo de Simon, Eugenio Laurencich, Romano Rossini e Luigi Germek.

Il vescovo Andrej Karlin aveva commissionato alla moglie di Vurnik, la pittrice viennese Helena Kottler [3] alcune scene della vita di Gesù Cristo da inserire nelle cornici dorate che si vedono nella parte superiore della cappella, per una serie di contrattempi le tele non furono mai realizzate, ma i loro bozzetti sono conservati alla Narodna Galerija a Lubiana, nel 1915 consegnerà due dipinti: la splendida Annunciazione della Vergine e l'adorazione della Croce di San Andrea, quest'ultimo seguito in onore del vescovo Karlin, nell'aureola del santo si leggono i primi versi della Passione di Sant'Andrea, un testo del VI secolo

                                                                    

La volta ovoidale realizzata con grandi tessere di mosaico in pasta vetrosa ha una leggera sfumatura azzurra, resa intensa dall'illuminazione. La raffigurazione è quella del Sole circondato da stelle poste a intervalli regolari, il tutto è poi incorniciato da modanature dorate e dai quattro pennacchi che riprendono i motivi circolari che sono il leitmotiv della decorazione.
Foto Sergio Sergas.

Le colonne sono quelle della precedente cappella, con i capitelli in stile corinzio ricoperti da foglia d'oro per coniugare i due linguaggi stilistici.
Foto Sergio Sergas.
                                                                               
La parte superiore della cappella con le cornici dorate che avrebbero dovuto contenere le tele di Helena Vurnik con episodi  della vita di Gesù Cristo.

                                                                         
"Annunciazione a Maria" la splendida tela dipinta da Helena Kottler in Vurnik, pittrice e decoratrice, nata il 26 settembre 1882 a Vienna, che morì il 4 aprile 1962 a Radovljica.

"Sant'Andrea" è inserito in un ovale, con una scelta originale viene incorniciato con una tela damascata anch'essa dipinta. Con questa opera Helena Vurnik , vuole rendere omaggio al Vescovo Andrej Karlin.




Particolare degli angeli con le ali aperte a ventaglio che pregano inginocchiati sulla mensa dell'altare. Evidenti i motivi decorativi geometrici, che decorano tutto il presbiterio, presenti anche nella pittura di Klimt.


L'Altare

Per la realizzazione delle sculture in marmo di Carrara che decorano l'altare, Vurnik incarica l'artista sloveno Jožef Pavlin.
Nella disposizione delle figure il manto del padreterno fa da sfondo alla composizione con il Cristo e la colomba. Dal Cristo si dipartono, fino a formare una corona, raggi di spighe e uva che simboleggiano l'eucarestia. Più in basso le ali vibranti degli angeli adoranti incorniciano il tabernacolo in metallo dorato, sulle porte del quale vengono realizzati con la tecnica dell'incisione e la niellatura finale i quattro evangelisti, il disegno viene eseguito da Helena Vurnik, l'esecuzione avviene nei laboratori di Kregar a Lubiana.
Sopra l'angelo di destra, si legge la scritta, voluta dall'artista: "ARA ANDREAE PRAESULI -AB ARCHITECTO- CONFITENTE- SS-TRINITAS GLORIAS- PARENTIS- MANES HONORANTE"
Sovrasta l'altare una cupola ovale ricoperta da tessere in pasta vetrosa, che rappresenta la volta celeste con al centro il sole circondato dalle stelle.



 Particolare del Cristo dal quale si dipartono raggi di spighe e uva che simboleggiano l'eucarestia.

Una portella del tabernacolo con la rappresentazione di San Marco affiancato da un leone e un'iscrizione che riporta il primo verso del Vangelo secondo Marco 1,1. Il disegno è stato realizzato da Helena Kottler in Vurnik, l'incisione con la niellatura finale sono stati eseguiti nel laboratorio di Kregar a Lubiana.



Immagine di Francesco Penco del 1914.
Osservando lo stemma vescovile posto sopra il trono si può notare l'aquila bicipite, ora non più presente.

                                                                           
Nicchia con il seggio vescovile.
Foto Sergio Sergas.

Il seggio vescovile

A sinistra dell'altare si trova una nicchia con il fondale ricoperto in tessuto di seta, nella quale è inserito un trono con lo schienale in pelle, affiancato da due sedili in legno di tiglio, sopra lo stemma con il motto del vescovo "Te Domine Speravi" e due pastorali incrociati a significare l'unione delle diocesi di Trieste e Capodistria, la prima rappresentata dall'alabarda sulla bandiera (la sovrastante aquila bicipite che faceva parte dello stemma originale risulta abrasa) e la seconda dalla testa della Gorgone. Il coronamento dell'arco è decorato con un'alternanza di volti e lampade accese, scolpiti nel legno e ricoperti con foglia d'oro.

Particolare dello stemma vescovile dove si nota sopra l'alabarda una parte abrasa, dove era presente l'aquila bicipite.
Foto Sergio Sergas.

                                                                                                                                 
La piccola acquasantiera in metallo dorato.
     
Completano gli arredi della cappella un inginocchiatoio e un faldistorio, il primo riporta le decorazioni che si vedono a lato dell'altare, il secondo ricorda la ricchezza dei capitelli dorati.

Dai primi restauri parziali alla riqualificazione completa

La sede dei Vescovi rimase immutata fino alla nomina di Monsignor Antonio Santin (vescovo dal 1938 al 1975), che riuscito a salvare dai saccheggi dell'ultimo conflitto mondiale l'arredo sacro del transatlantico Rex, in disarmo nel porto di Trieste, ne collocò i banchi nella cappella dell'Episcopio. Nel 1955 iniziò anche l'opera di recupero del palazzo, seguita due anni dopo da un progetto di modifica del pianoterra destinato a ospitare nuovi locali e la mensa, mentre i piani superiori furono occupati dalla sede della curia vescovile. Con il suo successore, Lorenzo Bellomi (vescovo dal 1977 al 1996), continuò la ristrutturazione della sede a progetto dell'architetto Mario Zerial, che prevedeva anche il restauro della cappella; il lavoro della sistemazione di quest'ultima sarà però rimandato e verrà portato a termine dal vescovo Eugenio Ravignani (4 gennaio 1997 - 4 luglio 2009) con gli architetti Paolo Zerial e Gino Pavan. Dopo quasi cent'anni dalla costruzione della Cappella l'opera di restauro si era resa indispensabile per il degrado dovuto alle infiltrazioni d'acqua e per le disarmonie che si erano create con i restauri parziali precedenti, realizzati talvolta con materiali non appropriati. Vengono recuperati anche i banchi in legno, gravemente danneggiati dal trasporto fatto al tempo del Vescovo Santin. Per i lavori sono stati impiegati restauratori e artigiani specializzati per rifare le dorature dei capitelli e delle cornici con la foglia d'oro e la pulizia delle parti marmoree, le decorazioni, risistemare le tessere del mosaico, al fine di riportare il tutto allo splendore originario, ulteriormente esaltato da una nuova e incrementata illuminazione artificiale, inoltre è stata riorganizzata la distribuzione interna degli uffici, delle zone residenziali e di rappresentanza.
                                                               
                                                                   
La Cappella con i banchi in legno recuperati a suo tempo dal transatlantico Rex dopo il restauro.
Foto Sergio Sergas. 

[1] Andrej Karlin (15 novembre 1857 Stara Loka (Carniola) - Maribor 5 aprile 1933), viene ordinato sacerdote il 27 luglio 1880. Fu nominato cappellano nella chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma, nel 1890-1892 studiò diritto ecclesiastico all’Università di Sant’Apollinare, in cui ottenne il titolo di dottore "utriusque iuris". Nel 1900 arriva a Trieste ed è nominato rettore del Seminario Minore che il vescovo Nepomuceno Glavina aveva aperto nella casa Elul - German in via della Cattedrale. Viene ordinato vescovo di Trieste e Capodistria il 19 marzo 1911. Gli anni del suo vescovado coincidono con il primo conflitto mondiale, per cui si trova a gestire una situazione complessa con accesi contrasti politico-nazionali, ma seppe (riesce a... per il tempo )mantenere la giusta equidistanza. Nei documenti dell'epoca, nei confronti del movimento irredentista triestino, si autodefinisce "imparziale" o "lealista asburgico...mai esposto", però viene ricordato come sacerdote "...di nazionalità slovena con forte impronta tedesca". In conseguenza alle gravi offese arrecate da un gruppo di facinorosi al vescovado il 15 dicembre 1919 Karlin rinunciò al suo incarico. Nel giorno delle sue dimissioni il pontefice lo insignì del titolo onorifico di vescovo di Themiscyra, nel giugno del 1923 venne nominato vescovo di Lavant, attuale Maribor, dove morirà nel 1933.

                                                                          
Ivan Vurnik con la moglie Helena Kottler
Foto: Arhiv RTV SLO



[2] Ivan Vurnik (1 gennaio 1884 - 8 aprile 1971) nasce a Radovljica nell'alta Carniola slovena, al tempo parte dell'impero austriaco. Dopo aver frequentato il liceo classico a Lubiana, nel 1907 inizia la sua formazione artistica a Vienna e si specializza alla scuola di Otto Wagner. Già dai primi lavori manifesta il gusto per la secessione viennese.
Nel 1913 sposerà la pittrice Helena Kottler, che sarà una sua preziosa collaboratrice anche nella capella dell'Episopio. Nel 1919, alla fine della guerra, si stabilirà a Lubiana, dove avrà l'incarico di istituire il primo Dipartimento di architettura della nuova Università slovena.


[3]Helena Kottler Vurnik (Vienna, 1882 - Radovljica, 1962)  - Nonostante l'opposizione della famiglia volle intraprendere gli studi artistici, a Vienna frequentò per quattro anni la Graphisches Lehr- und Versuch Anstalt, una scuola all'avanguardia dove imparò molte tecniche grafiche e pittoriche, dall'acquerello alla pittura ad olio, la tecnica musiva, litografia, incisione, nel 1907 si specializzò nelle tecniche artistiche all'Accademia per donne e ragazze, vinse una borsa di studio di sei mesi in Italia, al suo ritorno a Vienna trovò lavoro come illustratrice. Nel novembre del 1913 sposò Ivan Vurnik, iniziò un'interessante collaborazione con il marito, che partì con la ristrutturazione della cappella della Santissima Trinità a Trieste, poi si trasferì con il marito a Radovljica. 
Continuò con lavori di progettazione grafica e decorazione architettonica, si specializzò in particolare nei disegni dei paramenti liturgici. 
Nel 1942 il figlio diciannovenne perse la vita in guerra, dopo questa tragedia non riuscì a creare con l'intensità di prima, lasciò comunque una significativa traccia nell'arte slovena. 



Testi consultati:
La Cappella dell'Episcopio a Trieste - Gino Pavan
Il Borgo Giuseppino - F. Zubini
Cittavecchia - F. Zubini
"Atlante della Grande Guerra a nord est" - 
Andrej Karlin

Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro fino ai giorni nostri - del Cavaliere Gaetano Moroni Romano