Nella vignetta pubblicitaria apparsa sulle "guide della città" e su alcune riviste cittadine, viene rappresentata piazza della Borsa animata da servi occupati in diverse mansioni. |
In questo articolo troverete riportate diverse notizie tratte dai periodici umoristici di satira politica e sociale molto diffusi a fine ottocento, in quanto ritengo siano, più di altre fonti, lo specchio della vita cittadina del tempo; le voci popolari riportate dai cronisti suggeriscono un quadro genuino della quotidianità, dove si delineano episodi che vedono mestieri e rapporti umani intrecciarsi ed emergono i problemi, le difficoltà e la capacità di adattamento richiesta al servo di piazza in una città in continuo mutamento.
Servo de piazza
Questo mestiere nel passato alquanto diffuso fu indiscutibilmente longevo, grazie anche alla sua intrinseca capacità di adeguarsi alle esigenze del pubblico, i "servi" stazionavano nelle piazze e lungo le vie principali, dove si alternavano negozi di lusso e botteghe, posti indiscutibilmente strategici, ma anche prestabiliti, di modo che il cliente sapesse dove poterli reperire. Ma di cosa si occupavano i "servi di piazza"? Nel dettaglio lo vedremo più avanti, al momento si può anticipare che questi eseguivano le mansioni più svariate e a leggere l'elenco delle prestazioni offerte se ne può desumere che si trattava di un'attività che offriva un'occasione di impiego a manodopera poco specializzata, ma che necessitava di persone capaci di sviluppare diverse abilità.
Una bella immagine che vede un giovanissimo servo in postazione lungo il Canal Grande, in attesa di qualche cliente che necessiti dei suoi servizi. |
L'Istituto Triestino dei Servi di Piazza
La prima impresa di questo genere della città fu "l'Istituto Triestino dei Servi di Piazza", con sede in via S. Giovanni n° 837 poi n° 7 (attuale via Imbriani) e che rimase in attività fino ai primissimi anni del '900. L'inaugurazione del 28 settembre 1863 fu annunciata da molti articoli apparsi su quotidiani e riviste, dove oltre ai servizi offerti venivano elencate le qualità del personale, il regolamento e le tariffe; al momento della sua apertura l'istituto contava 150 dipendenti.
Il direttore Rudolf (o Rodolfo) Mrosek aveva una grande esperienza nel settore, dopo aver aperto il primo istituto di servi di piazza nel 1861 a Monaco di Baviera, vantava di averne fondati, con buon esito, altri trenta in grandi città europee.
Competenze
Sicuramente uno dei servizi più apprezzati e sfruttati sarà stato quello con cui si garantiva un rapido recapito di missive e colli di ogni genere, dagli acquisti più voluminosi ai delicati fiori per la persona amata, ma, come anticipato, i compiti dei servi di piazza erano alquanto più vari e per una corretta valutazione di questo mestiere vale la pena analizzare come prima cosa un elenco di mansioni apparso nei trafiletti pubblicitari dell'Istituto, con l'obiettivo di fornire ai possibili clienti alcuni esempi di utilizzo del servizio e nel contempo illustrarne la versatilità.
Bagagli dei viaggiatori, valige, pacchi e pacchetti trasportati a mano o con l'aiuto del carretto. |
Grazie a questo fatto estremo, degno di un articolo de "Il Diavoletto", veniamo a scoprire un nuovo ruolo dei servi (probabilmente sfruttato anche nelle più frequenti giornate di bora), che il cronista così descrive: "...spiegarono un'indefessa attività ed ebbero un bel da fare ad accompagnare le persone che abbisognavano di appoggio".
Altri invece i servizi che venivano proposti in abbonamento, dietro un corrispettivo da concordare preventivamente con l'Istituto: "Portare i pranzi dalle locande, l'acqua attinta alle fontane, aprire e chiudere magazzini, fare la spesa, pulire stanze, pavimenti, parchetti, scale".
All'occorrenza si avvalevano della loro opera anche al Comune, con delibere per servizi diversi, come poteva essere la distribuzione delle notifiche o l'allestimento della sala per le convocazioni del Consiglio della Città, pratica peraltro confermata dalle lamentele di alcuni cittadini che la ritenevano uno spreco di denari, in quanto le mansioni avrebbero potuto essere svolte dal personale già stipendiato dal Comune.
Va considerato che questi erano uomini che per lavoro si trovavano ad entrare in abitazioni ed uffici e a cui, come abbiamo visto, venivano assegnati ruoli che necessitavano di una certa responsabilità. Conscio di questo il direttore Mrosek assicurava che il personale veniva selezionato con cura, si trattava di uomini fidati, di buona morale, che lavoravano sotto la sorveglianza di ispettori e di un capo ispettore scelto fra i componenti del corpo dei pompieri, dal quale peraltro provenivano molti dei servi di piazza stessi.
A ulteriore testimonianza dell'irreprensibilità dei servi vi è pure il fatto che coloro che per diversi motivi non volevano recarsi personalmente al Monte di pietà delegavano un servo per le operazioni di pegno, rimessa o riscatto.
I servi di piazza vestivano l'uniforme fornita dall'istituto, questa era composta da una giacca lunga con le spalline formate da stringhe con scritto "P.S.T." (Pubblici Servizi Triestini), realizzata in tela per l'estate e di panno per i periodi più freddi, inizialmente di colore blu con collare e mostre verdi, negli anni seguenti vennero aperti altri istituti caratterizzati da colori diversi: rosso, azzurro, giallo, tinte che solitamente si limitavano alle mostrine e o al berretto; sul petto una targa metallica con il nome dell'Istituto e una targhetta di ottone con un numero ben visibile veniva posta sul berretto con visiera,[3], questo poteva essere di cuoio o tela cerata, infine una tasca nera di pelle fissata alla cintura era utile per riporre le marche e altri documenti od oggetti.
Inoltre il servo doveva essere in possesso di una carta di legittimazione (con "Nulla Osta" dell'i.r. Direzione di Polizia) e per aiutarsi usava spesso un carretto, che per essere ben distinguibile venne dipinto in rosso, divenendo assieme all'uniforme il tratto distintivo del mestiere, tanto da essere rappresentato nelle vignette pubblicitarie e citato anche da Scipio Slataper in un passo de "Il mio Carso" dove descrive scene di quotidianità della nostra città: "...un servo di piazza si fa avanti con il carretto rosso...".
Pochi mesi dopo l'apertura di questa attività si leggono diversi articoli di elogio per questo servizio tanto atteso e per la capacità dimostrata dalla direzione a organizzarsi in modo da soddisfare ogni esigenza del pubblico con nuove offerte a prezzi ridotti, fra i nuovi servizi c'era la possibilità di richiedere il personale in abito civile, in modo da poterlo impiegare in vario modo in occasione di feste. ("La Baba" giugno 1864)
La novità del tariffario
Un dettaglio dell'immagine di piazza della Borsa dove si vedono i servi di piazza impegnati nel delicato trasporto di un pianoforte. |
I facchini
Da rimarcare però che quanto riportato non riguardava tutte le categorie di facchini, difatti poco dopo, nel gennaio1864, usciva su "Il Diavoletto" un'ulteriore sollecitazione da parte di alcuni cittadini affinché i servi di piazza, che già si occupavano del trasporto bagagli dei viaggiatori per la compagnia di navigazione del Cavalier Giuseppe Tonello, venissero impiegati anche per le navi del Lloyd Austriaco, in modo da por fine ai prezzi arbitrari applicati dai facchini ("Il Diavoletto" 1864).
Pochi mesi dopo il Consiglio di Amministrazione del Lloyd Austriaco si accordava con l'Istituto affinché i servi di piazza sostituissero i facchini, impiegati fino ad allora, allo scopo di regolamentare il servizio e di assicurare ai viaggiatori: gentilezza, disponibilità, un rimborso per eventuali perdite o danneggiamenti dei bagagli, ma soprattutto un prezzo consono e uguale per tutti, punto ulteriormente garantito dall'apposizione di un tariffario in quattro lingue esposto sui piroscafi. Questo cambiamento creò ovviamente del malcontento fra i facchini, tanto che nei primi tempi del servizio, per evitare spiacevoli scontri all'approdo dei piroscafi, lungo le rive e sul molo San Carlo (Audace) vennero dislocate diverse guardie e, in alcuni casi, il commissario di polizia stesso. Nella speranza di limitare le dispute con i facchini, che avevano ottenuto il sostegno di molti cittadini e avendo in ogni caso necessità di nuova manodopera, l'Istituto Triestino dei Servi di Piazza, con una scelta diplomatica inserì nel proprio organico gran parte di coloro che a causa di questo accordo avevano perso il lavoro ("La Baba" maggio e giugno 1864).
Il Lloyd Austriaco mantenne questa convenzione fino alla cessazione dell'attività dell'Istituto Triestino dei Servi di Piazza, passando nel 1906, con le stesse condizioni, al "Consorzio Triestino Servi di Piazza" che aveva da poco aperto in via del Molin Piccolo 7 (attuale via Milano).
Orario e regolamento
Le norme che regolamentavano il lavoro e il tariffario, approvato dal Magistrato Civico, si trovavano esposte, in quattro lingue, nell'ufficio dell'istituto, ma anche pubblicate sulle guide e su qualche periodico.
- Alla fine del servizio le uniformi venivano lasciate in società.
- Non potevano chiedere mance, né richiedere il compenso in modo diverso dal tempo impiegato, a esempio per peso o fragilità dei pacchi, o da quello previsto dalla tariffa.
- Nelle occasioni in cui la loro opera si prolungasse per più giorni, gli accordi dovevano venir presi con le direzioni delle singole imprese.
- I pagamenti venivano eseguiti al momento del ritiro della bolletta o marca che doveva essere trattenuta dal committente, questo meccanismo gli assicurava il diritto all'indennizzo per eventuali danni o ammanchi patiti, per un valore massimo di 500 fiorini, purché segnalati nelle successive 24 ore.
Uno dei tanti annunci pubblicati sui periodici dove i clienti vengono invitati a richiedere le marche. |
Una curiosità riguarda l'impiego dei servi di piazza per le tombole di beneficenza, in occasione delle quali un gigantesco tabellone veniva eretto tra le colonne del palazzo della Borsa. In un'edizione de "Il Diavoletto" data 1865 si legge che ben 26 servi si presentarono "con il costume tutto nuovo ed i berretti di pelle americana" e per emergere dall'imponente folla vennero fatti salire su delle robuste botti sistemate fra i tabelloni supplementari collocati lungo il Corso fino a piazza della Legna (attuale piazza Goldoni), questi come una catena umana si trasmettevano e nel contempo comunicavano al pubblico ad alta voce i numeri estratti, i triestini, con la solita ironia, definirono questo peculiare spettacolo: "la via Crucis della Fortuna".
Un'altra volta, per assumere un minor numero di lavoratori, venne sperimentato un sistema diverso, i servi partendo dal punto in cui il numero veniva estratto si facevano largo fra la folla muniti di bandierine, sino a raggiungere i tabelloni suppletivi, ma si creò un disastroso caos, alla fine la folla fischiò delusa e l'esperimento non venne ripetuto.
Nel 1867 il gioco venne trasferito in Corsia Stadion (via Battisti), ma a seguito di alcuni incidenti fu sospeso dal 1871 al 1879, da questa data si tenne nel vasto piazzale della Caserma Grande, qui venivano organizzate delle vere feste con chioschi e venditori ambulanti, nel maggio del 1901 ben 7000 persone parteciparono all'evento, ma proprio per questo motivo, alcuni numeri estratti, sempre replicati a gran voce dai servi, vennero equivocati, con conseguenti proteste del pubblico che sventolava amareggiato le cartellette (da "1901 a Trieste e nel mondo").
Condizione sociale
Alcuni servi, dopo il mancato accordo sui compensi e sull'orario di lavoro, decisero di costituirsi in società con divisa propria e una sede in via Canal Grande (via Cassa di Risparmio), molti cittadini si espressero a favore di questa iniziativa ritenendo che fossero dei bravi lavoratori e sperando che ottenessero il successo meritato. In poco tempo ai "Nuovi Servi" vennero concesse le autorizzazioni necessarie e il permesso di applicare la piastrina in ottone con inciso "N.S.". L'anno successivo cambiarono la denominazione in "Nuova impresa Triestina dei Servi di Piazza" e con questo nome continuarono l'attività per molti anni.
L'inserzione pubblicitaria apparsa sulla "Guida della città di Trieste" di qualche anno dopo. |
- "Istituto Triestino dei Servi di Piazza" - via S. Giovanni 3 (via Imbriani attivo dal 1863)
- "Nuova Impresa Triestina" - via della Cassa 3 (primo tratto dell'attuale via Genova fino a piazza Ponterosso) e Canal Grande 11 (via Cassa di Risparmio), società attiva già dal 1872 con il nome di "Nuovi Servi" e che nel 1875 cambiò denominazione in "Nuova Impresa Triestina".
- Impresa Triestina di "Espressi" - piazza Nuova 6 (piazza della Repubblica) con ingresso in via S. Caterina (attiva dal 1875).
- Impresa Triestina "Fattorini" - via degli Artisti 4.
- "Impresa Corrieri Triestini" - via San Lazzaro.
Una rara insegna in legno dell'altezza di quasi 2 metri del "Consorzio Triestino Servi di Piazza", realizzata nei primi anni del '900 da Francesco Epron, pittore/tabellista. Collezione privata. |
Con il passare degli anni si venne a perdere la figura indispensabile del "tuttofare", così particolare e necessaria nel passato, uomini pronti ad ogni mansione e capaci, con un po' di fantasia, di risolvere qualsiasi necessità; le inserzioni dei servi di piazza non occupavano più le prime pagine delle guide turistiche e cittadine, mantennero lo storico servizio di gestione del deposito e trasporto bagagli, ottennero ancora qualche collaborazione con i negozi che, come prestazione aggiuntiva, offrivano la consegna della merce a domicilio, ma il mercato del lavoro stava cambiando, si richiedevano maggiori tutele del lavoratore, assicurazioni antinfortunistiche e venne persa l'antica denominazione di "servo di piazza", sostituita da altre che determinavano precise figure professionali.
Questi di seguito elencati sono essere gli ultimi istituti che trovo citati nelle "Guide della Città":
- "Consorzio Triestino dei Servi di Piazza" via Cavana N°13 dalla "Guida Industriale Professionale e Commerciale", risulta ancora attivo nel 1935.
- Nel 1950 era in attività la "Cooperativa Servi di piazza" con sede in stazione centrale - note tratte dalla "Piccola Guida per tutti" del medesimo anno.
NOTE
[1] Il 1 novembre 1898 si ebbero i primi impianti elettrici che fornivano una luce intensa, ma per diversi anni questi non soppiantarono completamente i fanali a gas.
[2] Il termine "broom" deriva da "brougham", chiamata così dal nome dell'avvocato scozzese Henry Peter Brougham, I barone Brougham e Vaux (Cowgate, 19 settembre 1778 – Cannes, 7 maggio 1868), che progettò nel 1838 una carrozza chiusa trainata da un cavallo, con balestre e ruote ricoperte di gomma che la rendevano comoda e confortevole. I posti a sedere erano due, ma a volte erano aumentati a quattro, montati opposti.
[3] Questo tipo di copricapo usato spesso anche dalla gente comune aveva una visiera rigida e popolarmente era chiamato "ongia" (unghia) o "rasca".
[4] Questa sfilata esordì nel 1783 per iniziativa governatore Pompeo Brigido, fu immediatamente un successo tale da dare il nome di "Corso" a quella che era la Contrada Nuova o Grande. Il corteo era formato da eleganti carrozze che si alternavano a vetture pubbliche, giardiniere, gripize, tutte riccamente addobbate e carri allegorici, da questi, come dalla grande folla disposta lungo il percorso, si lanciavano fiori, coltivati nelle serre o realizzati nelle sartorie, "confetti" (inizialmente di zucchero con un seme di coriandolo al loro interno, in seguito più frequentemente di gesso), "cartoline" (dischetti di zucchero avvolti in carte colorate), i getti, che iniziavano con grazia, finivano con vere e proprie battaglie, di queste ne approfittavano soprattutto i ragazzi che prontamente raccoglievano i dolcetti da terra. Per non restare privi di "munizioni", chi ne aveva la possibilità, impiegava dei servi di piazza che velocemente provvedevano al rifornimento.
[5] Nel Verbale del Consiglio di città del 1862 si legge che l'Editto Governativo 18/11/1785 stabiliva che i contratti d'affitto annuali scadessero il 24 agosto. La "data fatale", come popolarmente veniva chiamata, era attesa con apprensione, tanto da dar origine ai detti "eser bruto come el 24 agosto" e "24 agosto bruto come el mostro". Con l'aumentare della popolazione, per evitare la gran confusione e soprattutto la difficoltà nella ricerca di appartamenti, con il dispaccio del 23 febbraio 1853 i contratti divennero semestrali, con il termine fissato il 24 febbraio e il 24 agosto e la notifica di sloggio doveva essere impartita con un preavviso di tre mesi. Queste condizioni erano riservate alle case d'abitazione di città e contrade suburbane, per le case coloniche e le campagne il contratto scadeva invece l’11 novembre ed erano necessari 6 mesi di preavviso per lo sloggio (verbali XVII seduta pubblica del Consiglio 8 aprile 1862).
[6] Le prime associazioni si costituirono nel 1844 - 1850, sostenendosi con elargizioni di benefattori privati e con il contributo dei soci, queste avevano unicamente fini mutualistici e non coinvolsero tutte le categorie di lavoratori, nel 1869 ci fu una svolta con la "Società Operaia Triestina" S.O.T. di velato spirito irredentista, che fu aperta a tutte le categorie di lavoratori, superando così il corporativismo delle precedenti società, si diedero come obiettivo pure l'istruzione degli operai e per questo vennero aperti dei corsi gratuiti per analfabeti e una biblioteca sociale, lo stesso anno usciva l'organo di stampa "l'Operaio", nonostante i programmi gli interventi furono ancora soprattutto di natura assistenziale e nel 1873 venne istituita una sezione femminile, nel corso del tempo arriveranno altre associazioni che contribuiranno alla formazione di una coscienza sociale nei lavoratori e intraprenderanno la lunga lotta per la difesa dei loro diritti fondamentali.
Bibliografia:
"Trieste Costumi e Mestieri" Bianca Maria Favetta
"Sessant'anni di vita italiana" di Giulio Cesari 1929
"Vecchia Trieste" Lorenzo Lorenzutti
"Trieste 1900-1999" vol I di Licio Bossi e Severino Baf.
"Edilizia popolare a Trieste" di Flavia Castro 1984
"Il Corriere di Trieste" 28 agosto 1875
"Il diavoletto" giugno 1866
"Il diavoletto" 27 agosto e 24 settembre 1863
"Il diavoletto" 1864
"La Baba" maggio-giugno 1864
"La Baba" maggio 1865
"El Buleto fojo Triestin" 1872 di V. Gerolini
"El Bulo fojo scrito in dialeto triestin" 1872
"L'Arlecchino" 18 marzo 1865
"Il Grillo giornale umoristico, letterario, artistico e teatrale" 19 luglio 1863 (vignette 11 ottobre 1863)
"L'Operaio" 1873
"L'Alba" giornale politico agosto 1872
"Verbali della XVII seduta pubblica del Consiglio" 8 aprile 1862
"Almanacco della città di Trieste"1867
"Guida della città di Trieste" anni:1865-1867-1870-1875-1878-1880-1887-1889-1899-1900-1904-1909-1915-1950-1963
"Guida Industriale Professionale e Commerciale" 1930
"Il 1901 a Trieste e nel mondo" di Corrado Ban 1971