domenica 6 ottobre 2019

Anton Jakić e la Villa delle Cipolle

La suggestiva immagine della villa Jakić ripresa da Sergio Sergas dopo una nevicata di fine anni '70.


Sviluppo ed evoluzione di Barcola nel fine '800
Nel 1859 venne inaugurata via di Miramar [1], strada che connetteva il centro della città con Barcola e proseguiva fino al castello di Massimiliano d'Asburgo (ancora da completare). Il nuovo collegamento, assieme a una serie di innovazioni, quali l'introduzione dell'illuminazione pubblica a gas del 1870 e l'inaugurazione nel 1883 della prima linea di tram a cavalli, portò a un incremento demografico e alla graduale trasformazione del borgo.
Nell'area fra la strada e il viadotto si svilupparono diverse attività industriali, mentre sul lungomare si ebbe una svolta dopo il 1886, data in cui venne avviato il primo nucleo del futuro stabilimento balneare Excelsior, che in pochi anni fu ampliato e dotato di nuove attrezzature, negli anni a seguire vennero aperti: un teatrino, un caffè concerto, un ristorante e nelle vicinanze ebbero le loro sedi i circoli canottieri Nettuno e Saturnia. Barcola si stava così trasformando in una moderna località balneare, un ritrovo alla moda molto frequentato dalla ricca borghesia che in una guida della città, per quanto di qualche anno successiva alle date fin qui esposte, viene così descritto: "...luogo di bagni e villeggiatura delizioso sito riparato nell'inverno dalla bora che spira dalla montagna, fresco d'estate per il maestrale puro del mare."

Secondo progetto della villa, con prospetto frontale, laterale e sezione, datato 1 aprile 1896 e firmato Giovanni Martelanz, al quale la Commissione alle Pubbliche Costruzioni diede il benestare, a condizione che venissero eseguite le indicazioni nel rispetto delle vigenti norme per la prevenzione degli incendi e che, al fine di migliorare l'estetica dell'insieme, fosse eliminata la torretta prevista sull'ala sinistra della villa.
Per gentile concessione del Comune di Trieste -Servizio Pianificazione Urbana – Archivio Tecnico Disegni (sigla ATD - Ts).

Dove prima vi erano campagne l'aristocrazia triestina fece costruire le sue residenze estive, fra queste prime ville di stile eclettico, nel 1896 venne edificata la cosiddetta "villa delle zivole" o cipolle su progetto dello scultore Ivan Rendic [2] su commissione di Anton Jakić [3], un prete che abbandonò la veste talare nel 1888 per dedicarsi alla pubblicazione di un periodico in lingua italiana, nato a Pola col titolo “Il Diritto Croato”, di cui era proprietario, editore e redattore. Il giornale sosteneva l'unità culturale di tutti i popoli slavi orientali e l'affermazione di questi contro le influenze straniere; il settimanale venne più volte censurato e multato, motivo per cui nel 1895 Jakić si trasferì a Trieste sperando di trovarvi un clima più tollerante.

I giovani alberelli piantati lungo il viale avevano ancora una modesta chioma, sul passeggio erano state messe le panchine e il tram a cavalli si fermava all'altezza dello storico giardino, oggi dedicato a Monsignor Matija Skabar, già esistente al tempo, dal quale iniziava la nota passeggiata.

A Trieste Jakić andò dapprima ad abitare al numero 9 di via del Campanile, attuale via Genova, ma nel febbraio del 1895, in una vendita all'incanto, si aggiudicò per 3300 fiorini, un fondo adibito a pascolo e viti, corrispondente al n° 749 di via Miramare. Nel marzo del 1896 inviò al Comune un primo progetto per la costruzione, su questo terreno, di una villa con due magazzini parzialmente interrati, ma questo venne respinto dalla Commissione Municipale alle pubbliche costruzioni per "mancanza di unità nel concetto di decorazione", al 1 aprile dello stesso anno venne inviato un secondo progetto firmato dal Capomastro Giovanni Martelanz [4], che fu approvato con la condizione che venissero eseguite alcune modifiche che riguardavano soprattutto le norme per la prevenzione degli incendi e che i lavori fossero condotti dallo stesso Martelanz, titolare dell'omonima impresa, qualche riserva venne anche sollevata sull'estetica, in quanto la commissione trovò che i cupolini "...arieggiavano troppo al carattere ecclesiastico nello stile adottato..." precisando pure che doveva essere levata la torretta che si alzava sull'ala sinistra della costruzione, ne seguì un successivo elaborato datato 7 luglio, che presentava il prospetto senza la torretta e una modifica alle finestre dell'ultimo piano, mentre vengono riproposte le due cupole. L'abitabilità dell'edificio porta la data del 14 agosto 1897 e fu inviata al palazzo del Lloyd in piazza delle Poste (attuale p.zza Vittorio Veneto) sede della redazione e abitazione di Jakić, che si trasferì ufficialmente nella villa ben due anni dopo.


Tratta dal libro" I Croati a Trieste" riporto la testimonianza di una persona che nel 1902, all'età di 16 anni, portava il latte nella villa: "Nella Villa delle Cipolle abitava un uomo di media altezza, distinto di comportamento signorile e che parlava croato... Di lui si diceva che era stato un pope e dopo aver conosciuto una dama russa lasciò il sacerdozio. Sarebbe stata lei a dargli i soldi per costruire la villa, ma a lavoro finito non era soddisfatta e si lasciarono".
Probabilmente già a quel tempo aleggiava un alone di mistero attorno alla figura di Jakić, è credibile che la prestigiosa dimora fosse stata costruita con funzione rappresentativa e per omaggiare la cultura slava orientale. Per coprire le spese di realizzazione della villa e l'acquisto degli arredi Jakić aveva stipulato due prestiti bancari di 10.000 goldinar (fiorini) e 4.000 corone, sottoscritti rispettivamente il 20 aprile 1898 e il 25 marzo 1901 con la Tržaške Posojilnice in Hranilnice, cioè Cassa Depositi e Prestiti Slovena, probabile che questo debito gli abbia condizionato finanziariamente la vita, perché nel 1904, per la pessima situazione economica, fu costretto a vendere la villa dal valore stimato di 80.000 corone per 72.000 corone al dott. Nicolò de Volpi e in quell'occasione vennero pure chiuse le due ipoteche che ancora gravavano su di essa.
Voci popolari dicono che sia stata trasformata in un'elegante casa di appuntamenti e bisca, ma di questo non si sono trovate conferme. In seguito la villa cambiò diversi proprietari, nonostante questo alla costruzione furono apportate unicamente delle modifiche interne nei primi anni '50 e nel 1978; dal 1963 è un piccolo condominio suddiviso in quattro appartamenti.

Dettaglio con il prospetto sud-ovest della villa, approvato il 13 aprile 1896 a condizione di precise modifiche che interessavano anche gli ingressi dei magazzini a livello della strada.
Per gentile concessione del Comune di Trieste -Servizio Pianificazione Urbana – Archivio Tecnico Disegni (sigla ATD - Ts).

Descrizione della Villa
La Villa delle Zivole si trova all'attuale numero 229 di viale Miramare, in stile eclettico, riprende le caratteristiche dell'antica architettura russo-bizantina. Il fatto che popolarmente sia stata denominata "villa delle zivole" deriva dalle caratteristiche cupole a cipolla, tipiche dei paesi dell'Europa centrale e soprattutto dell'architettura religiosa russa, dove, a seconda del numero e del colore, acquistavano un diverso significato simbolico, che nella villa si perde avendo queste una valenza puramente decorativa, con l'ultimo restauro è stata riproposta l'originale doratura che risplende al sole assieme alle decorazioni geometriche a mosaico della facciata.

Particolare delle ricche decorazioni musive con motivi geometrici, dove sono state ampiamente usate le tessere dorate. Le finestre sono sovrastate da lunette e da una cornice in stucco a guisa di arco inflesso di influenza orientale, che creano un effetto suggestivo, infine vengono delineate da un tratto, sempre a mosaico, in azzurro cobalto molto acceso.
Foto Sergio Sergas

Le decorazioni sono concentrate nella parte alta della villa dove si fondono con gli elementi architettonici che movimentano la facciata policroma che culmina con le cupole a cipolla in rame dorato, creando un effetto piacevolmente scenografico.
Foto Sergio Sergas

Le cupole, con la copertura esterna in rame, sono sostenute da una complessa armatura in legno, opera dall'artigiano Francesco Gasperini.


Una delle terrazze della villa, lo splendido panorama è in parte nascosto dalla folta pineta, nata nel 1958 con l'interramento di un tratto di mare.
Foto Sergio Sergas

A coronamento dell'ala sinistra della villa un'importante modanatura e il tetto a terrazzo dal quale si si poteva ammirare un ampio panorama e si dominavano strada e borgo con i loro avvenimenti sportivi, processioni, sfilate e mondanità.
Foto Sergio Sergas

Gli interni della villa vennero decorati dal pittore spalatino Paško Vučetić [5] (1871-1925), dai motivi geometrici e floreali che ornano gli intradossi delle rampe, all'affresco murale ricco di simboli e figure allegoriche al grande motivo incorniciato con stucchi realizzati a pennello che ricopre il soffitto.

Veduta d'insieme del vano scale riccamente decorata da un affresco incorniciato da stucchi dipinti sul soffitto, e un'altro che ne ricopre la parete in tutta la sua altezza fino a raggiungere la finestra decorata con elementi ornamentali a rilievo e dipinti.
Fissata sulla testa della scala una ringhiera in ferro battuto.
Foto Sergio Sergas

    L'affresco del soffitto è delimitato da una cornice con modanature e dentelli dipinti che creano un effetto trompe-l’oeil, nella composizione allegorica predomina una donna, trattenuta da una figura di armato, che sale sventolando la bandiera con i colori dell'Impero russo (adottata dal 1858 al 1917) in basso un uomo con un costume popolare suona il gusle, strumento balcanico diffuso tra i popoli slavi del sud, due puttini e rami fioriti sporgono dalla rappresentazione illusoria degli stucchi.
Foto Sergio Sergas

Particolare dell'affresco trompe l'oeil che ricopre la parete creando un complesso effetto illusorio di spazio aperto, con delle figure allegoriche (forse stabilite in accordo con la committenza e di difficile interpretazione), che si intrattengono in una veranda delimitata da colonne con una balaustra in pietra oltre la quale si scorge un giardino.
Foto Sergio Sergas

L'ingresso della villa con il cancello a due battenti in ferro battuto e la scalinata che porta alle terrazze.
Foto Sergio Sergas

La villa dipinta con colori vivaci, così particolare nello stile, esagerata nelle decorazioni e ornamenti, venne molto discussa già al tempo della costruzione, in quanto trovavano che non armonizzasse con il paesaggio. A dirla tutta tali valutazioni si estendevano pure alle residenze vicine, che avevano attinto a stili molto diversi tra loro, dal neogotico veneziano al "castellato", non creando quindi un contesto uniforme; alcune considerazioni inclementi nei riguardi delle nuove residenze e della villa Jakić in particolare vennero ad esempio espresse da Alberto Puschi, conservatore del Civico Museo d’Antichità che nel 1887 e nel 1889 seguì a Barcola gli scavi che portarono a ritrovamenti archeologici di epoca romana [6]: "...Le campagne, che prima sembravano quasi tuffarsi nelle onde si ritirano ora sino alle falde del monte, cedendo il loro posto ad edifici, nei quali, fatte poche eccezioni, invano si cercherebbe il sentimento artistico. Vi predominano mostruosi raffazzonamenti di stile eclettico, dal gotico al barocco, dal meridionale al nordico: tutto vi è rappresentato, ma con così poco gusto estetico che le rozze e povere case coloniche nulla hanno per vero da invidiare. Fra le tante brutture non vi mancano nemmeno le cipolle moscovite, che qualche sognatore di siberiani amplessi cerca di educare in questo suolo, dimenticando il povero illuso che il nostro cielo è stato e sarà sempre micidiale a qualunque coltura esotica, e che per nulla commosso dal pallido riflesso di quell'oro, farà irremissibilmente marcire anche le sue cipolle...".
Da considerare che il rammarico era conseguente, almeno in parte, sia al repentino cambiamento del borgo agricolo, sia al fatto che dopo gli entusiasmi iniziali per i ritrovamenti, lo scavo, le strutture e alcuni mosaici furono interrati per permettere l'edificazione dell'area.
A mio avviso la villa sembra uscita da una fiaba, ci offre un'immagine affascinante sulla quale fantasticare, sempre in ottimo stato oggi è diventata una piacevole caratteristica di Barcola, da un lato il mare e dall'altro un tuffo nell'atmosfera russa.

Particolare degli elaborati motivi del cancello in ferro battuto.
Foto Sergio Sergas

Prima dell'interramento per la realizzazione della pineta avvenuto nel 1958 il mare era molto vicino alla strada e alle ville che vi si affacciavano. Un doppio filare di alberelli, che in futuro offriranno una piacevole ombra, sono stati piantati sull'ampio marciapiede che si animava soprattutto nei giorni festivi e in occasione delle gare dei canottieri.
Foto collezione Antonio Paladini

Anton Jakić editore

Testata della rivista di Anton Jakić pubblicata in lingua italiana a Pola dal 3 ottobre 1888 al 21 marzo 1894.

Come già detto, dopo aver iniziato nel 1888 a Pola le prime pubblicazioni del periodico in lingua italiana “Il Diritto Croato", Jakić si trasferì a Trieste dove continuò le pubblicazioni della rivista con il nuovo titolo di "Il Pensiero Slavo", che uscì dal 10 aprile 1894 fino al 24 settembre 1898 con un costo di abbonamento annuale di 8 fiorini, dal 3 ottobre 1898 al 13 dicembre 1902 la testata mutò lingua e intestazione, diventando "La Pensée Slave", come pure la carta che è ora di colore rosa e di maggior consistenza, a partire dal 1903 uscì in lingua croata e la testata venne rinominata "Slavenska Misao". Fin dall'inizio la linea editoriale e i contenuti dei giornali rimasero coerenti e fedeli alle idee e i principi dell'editore, vi si trovavano argomenti di genere politico, religioso, le notizie della città e la pagina letteraria che ebbe il merito di diffondere le opere di autori sloveni, croati, ma anche russi, serbi, boemi e polacchi tradotte in lingua italiana o francese.

Finalmente possiamo dare un volto a quel personaggio enigmatico e misterioso che fu Anton Jakić.
La foto porta la dicitura "Segall" - Grande stabilimento fotografico - Trieste piazza della Borsa N°7

Jakić parlava numerose lingue questo gli permise di recarsi in diverse città europee per assistere a manifestazioni culturali e avere contatti politici, raggiunse più volte Pietroburgo dove pure veniva venduto il suo giornale. La sua ideologia era caratterizzata dal panslavismo e per questo fu accusato di eccessive simpatie verso il governo zarista, dichiarò di non essere mai stato finanziato da nessun organo politico e tantoméno dalla Russia, rimane però un mistero quali fossero le sue fonti di guadagno, dal momento che con i proventi del giornale non avrebbe potuto permettersi i frequenti viaggi e la costruzione della villa.


Edizione dell'11 aprile 1903 del settimanale in lingua croata pubblicato a Trieste dal 10 gennaio 1903 al 10 luglio 1909 anno di chiusura del giornale.

Il periodico fu spesso oggetto di critiche e polemiche, anche a Trieste subì censure e sequestri, con notevoli perdite economiche dell'editore, Jakić venne più volte multato e persino arrestato, frequenti le querele che si concludevano a sfavore della testata, in parte anche a causa del carattere caparbio e provocatore dello stesso Jakić; vero è che probabilmente non sempre le censure furono eque, tanto da far sentire il redattore ingiustamente perseguitato. Le tirature del settimanale, che per diversi anni furono stabili su 500-600 copie, nei primi anni del 1900 andarono a ridursi, a questo si aggiunsero alcuni problemi di salute, in particolare agli occhi, che nel 1909 impedirono a Jakić, che non aveva collaboratori di fiducia a cui appoggiarsi, di continuare con le pubblicazioni. Dopo questo evento, benché Jakić fosse vissuto fino al 1942, le notizie su di lui sono rare, è possibile che per curarsi sia ritornato a Podgora dove risiedevano numerosi suoi fratelli e sorelle, anche se a mio parere è molto strano che la sua vocazione giornalistica e i suoi ideali siano finiti il 10 luglio 1909 con l'ultimo numero di "Slavenska Misao".

Alcune persone passeggiano lungo i marciapiedi dove si nota che gli alberi da poco interrati sono ancora sorretti dai tutori, la strada deserta e polverosa verrà lastricata diversi anni dopo.
Foto collezione Antonio Paladini


Note

[1] Nel 1856 iniziarono i lavori per la costruzione della strada costiera, già precedentemente deliberata dal Comune, l'arciduca Massimiliano contribuì con 21.000 fiorini, il costò totale fu di 119.480 fiorini. Inaugurata nel 1859, l'ultimo tratto venne concluso l'anno successivo. Ben presto la strada, troppo bassa sul livello del mare, si rivelò inadeguata a reggere l'impeto delle mareggiate.

[2] Ivan Rendić è considerato il più rappresentativo tra gli scultori croati del XIX secolo, è originario di Supetar (San Pietro) sull'isola di Brač (Brazza), benché nato nel 1849 a Imotski, dove suo padre muratore si era recato per un lavoro temporaneo. All'isola di Brač, nota per le cave di pietra, ebbe i suoi primi approcci con la scultura, in gioventù si trasferì a Trieste dove si avvicinò alla scultura in legno frequentando la scuola del maestro Giovanni Moscotto, nel 1871 concluse gli studi all'Accademia delle Belle Arti di Venezia e infine si perfezionò a Firenze sotto la guida del famoso scultore Giovanni Dupré, che influenzò le sue prime opere dove si trovano accenni naturalisti abbinati alla forza della corrente realista; sempre molto attento e curato nei particolari successivamente si avvicinò al linguaggio della secessione viennese che reinterpretò. Nel 1878 circa si sposò con Olga Emilja Anna Florio, dopo il matrimonio provò a stabilirsi a Zagabria, ma le numerose commissioni lo riportarono a Trieste dove si fermò fino al 1921.
Nella nostra città ebbe un'attiva partecipazione alla vita sociale, frequentava il Caffè Chiozza dove pittori, scultori e decoratori si incontravano a disquisire d'arte, questi amici nel 1883 si riunirono nel suo atelier, dove Riccardo Zampieri (giornalista e pittore) propose di costituire una società artistica che curasse gli interessi degli artisti locali, ebbe così l'avvio il Circolo Artistico. Rendić era di carattere scherzoso e allegro, formò con altri artisti buontemponi la "Tribù dei Papagai" e poi la "Colonia Americana", gli appellativi dei gruppi derivavano dai nomi delle trattorie dove si ritrovavano e questi illustri personaggi con le loro trovate scherzose animavano le feste. Lasciando la vita sociale di Rendić per trattare la sua produzione artistica, diverse opere si trovano in Dalmazia e Croazia, ma fu molto attivo nella nostra città, con sculture commissionate da istituzioni pubbliche e privati, di cui citerò il monumento alla dedizione di Trieste all'Austria inaugurato nel 1889 e distrutto nel 1918, "l'Allegoria dell'Assicurazione" una splendida opera in marmo, oggi nel salone centrale del palazzo delle Assicurazioni Generali in piazza degli Duca degli Abruzzi, "l'Intelligenza" posta nel 1886 nell'atrio del palazzo del Lloyd Austriaco, oggi palazzo della Regione in piazza dell'Unità d'Italia, realizzò inoltre numerosi monumenti funerari per famiglie illustri, collocati nei cimiteri di Sant'Anna e di Barcola, Fiume, Zagabria, Dubrovnik (Ragusa) e Supetar. Come architetto, oltre alla villa Jakić e alcuni mausolei sepolcrali, progettò il campanile della chiesa parrocchiale di Ložišće sull'isola di Brač.
Dal 1921 anni si ritirò a Supetar dove tentò invano di formare una scuola d'arte, negli ultimi anni visse in povertà dimenticato da tutti, morì il 29 giugno 1932 nell'ospedale di Spalato.

[3] Anton Antonio Antun Jakić (Podgora, 3 giugno 1860 - 4 Aprile 1942)
Dopo aver frequentato il liceo classico a Spalato seguì quattro corsi di teologia, probabilmente nel 1883 ebbe i primi approcci con il giornalismo in quanto in quella data subì un processo per diffamazione a mezzo stampa, nel 1884 venne ordinato sacerdote e l'anno seguente fu trasferito provvisoriamente a Pola, nel 1888 fu nuovamente accusato di calunnia a mezzo stampa, dopo aver rifiutato l'invito dell'Arcidiocesi di ritornare a Spalato venne sospeso e preferì lasciare il sacerdozio per dedicarsi completamente al giornalismo, dal 3 ottobre 1888 al 21 marzo 1894 uscirono le pubblicazioni de "Il Diritto Croato", settimanale politico letterario di quattro pagine in lingua italiana (in difesa dei diritti croati e l'affermazione delle idee slave contro le influenze straniere), nel 1895 si trasferì a Trieste, che rimase sede del giornale fino alla pubblicazione dell'ultimo numero il 10 luglio 1909.
Jakić partecipò attivamente alle riunioni dell'Edinost, una società politica slovena, fondata a San Giovanni di Guardiella il 12 novembre 1874, in parte condivideva i temi trattati, specie la posizione sull'uguaglianza linguistica, ma per le sue prese di posizione troppo rigide e poco inclini al dialogo ebbe spesso scontri e non venne appoggiato dalla leadership come candidato alle elezioni del Consiglio Comunale e Regionale.
Per problemi di salute dovette chiudere la pubblicazione, dopo questa data non si hanno più notizie di Anton Jakić, che si può presumere sia ritornato a Podgora. Nel libro "I Croati a Trieste" si legge che Jakić muore per cause naturali il 1943, dopo aver ottenuto dal vescovo la riabilitazione ad officiare in chiesa da sacerdote.

[4] L'impresa Martelanz sorta nel 1890 era specializzata in opere portuali e lavori sottomarini che effettuava con i propri palombari, arrivò ad avere alle proprie dipendenze fino a 1500 persone, lavorò anche in molti palazzi pubblici e privati.

[5] Paskoje Paško Vučetić pittore, decoratore e scultore, nacque a Spalato il 17 febbraio 1871, si spense a Belgrado il 19 marzo 1925
Fece le prime esperienze artistiche nella sua città, si trasferì a Trieste nel 1886 dove seguì un corso di pittura, dal 1893 al 1895 si fermò a Venezia e studiò presso l'Accademia di Belle Arti, continuò gli studi artistici a Monaco di Baviera (1895-1898), si perfezionò a Roma (1898-1902) ed a Firenze (1903). Partecipò con alcune opere all'Esposizione Universale di Parigi del 1900, fra queste forse il dipinto più noto è "Odio e follia" il titolo originale è "Mržnja i ludilo", che l'anno seguente venne esposto a Trieste, per questa tela, alcuni anni dopo, l'architetto Viktor Kovačić realizzò una cornice ottagonale in legno ebanizzato con un intaglio particolare, che ne rafforzò il significato espressivo ed inquietante. Oltre alle decorazioni degli interni di villa Jakić realizzò la decorazione degli interni della National Bank of Serbia, e delle chiese di Radovische, Bor e Lapovo in Serbia, dipinse ritratti di personaggi illustri e politici, vedute e temi di guerra. Partecipò attivamente dell'associazione artistica "Lada" nata nel 1904 a Belgrado. Questo versatile artista si cimentò con la scultura e nel 1909, ricevette il primo premio al concorso per un monumento a Karadjordje a Kalemegdan

[6] Dopo aver rinvenuto nel 1852 presso il porticciolo del Cedas dei ruderi di una villa romana, conseguentemente al casuale ritrovamento di frammenti di mosaico, fra il 1887 e il 1889 vennero effettuate due campagne di scavo che portarono alla luce importanti testimonianze della presenza di lussuose ville e stabilimenti termali d'epoca romana.


Bibliografia
Archivio del Comune - Magistrato Civico F3/10-1 anno1896
Ufficio Tavolare NT 749 - 1812 e succ.
Barcola di Fabio Zubini
Barcola - Un rione di Trieste- di Sergio degli Ivanissevich
Hrvatski Biografski
Istarska Enciklopedja
www.geni.com

Riznica Srpska - likovna Umetnost Paško Vučetić
I Croati a Trieste edizioni Comunità Croata di Trieste

Wikipedia
Archeografo Triestino vol.XXI anno 1896-97