sabato 18 maggio 2019

Piazza e fontana della Zonta

1787 - Pianta e spaccato della copertura della fontana della Zonta, progetto acquerellato dell'ingegner Humpel.
Depositato presso l'Archivio di Stato di Trieste (Archivio Piani 378).

Dopo il progressivo abbandono dell'acquedotto romano le fonti di approvvigionamento idrico per i cittadini erano pozzi, cisterne, fontane e fontanoni, quest'ultimi erano protetti da una struttura architettonica in pietra, dotati di un ampio vano sotterraneo che permetteva il mantenimento di una notevole riserva d'acqua e, per agevolarne l'utilizzo, solitamente costruiti al centro delle piazze.

Una delle più antiche fontane della città era quella della Zonta [1], che aveva dato il nome alla piazza in cui si trovava e alla contrada che vi convertiva assieme alla via Valdirivo [2], la via dei del Molino Piccolo, che corrisponde all'attuale via Milano, e la via dei Cordaiuoli, sparita nel 1903 con la demolizione dei bassi capannoni della la fabbrica di cordami di Nicolò Sinibaldi.

1- in piazza della Zonta l'omonimo fontanone
2 - l'edificio con la trattoria che dal 1880 sarà denominata "Restaurant alla città di Francoforte"
3 - il lavatoio che sarà demolito probabilmente nel 1826
Parallelamente a via del Torrente (Carducci) si notano la serie di capannoni della corderia Sinibaldi e la via dei Cordaroli con l'omonima piazzetta.

Credo sia utile un confronto con la situazione attuale, n.1 dove si trovava la piazza con la fontana della Zonta e n.2 la trattoria, oggi si trova il palazzo Talenti che si affaccia sulla via Carducci, via Milano, via Mercadante e via Valdirivo, in alto della mappa il n.3 dove si trovava l'antico lavatoio, nel 1838 è stato costruito l'edificio conosciuto come Casa Czorzy, che si trova all'angolo fra la piazza Oberdan e via del Lavatoio.

Originariamente la fonte era detta di "San Niceforo", in onore del Santo che pare sia stato il primo vescovo di Pedena e che, come narra la leggenda, fece scaturire l'acqua in questo luogo e in altri paesi dell'Istria; denominata anche "Fontis Juncte", volgarizzato in Fontana della Zonta, come attestato in un documento del 1405 dove viene citata la "contrada Fontane de la Zonta".

Questo nome deriva dal fatto che la sua acqua di ottima qualità veniva gettata sulle vinacce generando il vino d'autunno, un vino piacevole e leggero chiamato "vino piccolo", Rutteri scrive che la vendita di tale vinello era concessa dagli statuti medievali del 1350, purché fosse limitata al periodo definito e il prezzo proporzionale alla qualità, mentre l'adulterazione e l'annacquamento del vino comune venivano severamente puniti.


Il lavatoio
In questa fonte l'acqua era tanto abbondante che nel 1760 venne fatto spurgare il serbatoio per alimentare, tramite un canale sotterraneo, il primo lavatoio[3] pubblico della città, appositamente costruito nelle vicinanze e che diede il nome alla via che ancora oggi ha mantenuto l'antica intestazione, tale lavatoio venne abbandonato probabilmente nel 1826 e la zona rimase sprovvista di questo servizio fino al 1831 quando entrò in attività un nuovo lavatoio con l'ingresso in via del Coroneo.


Pianta e spaccato del primo lavatoio della città costruito nel 1760, si nota la caratteristica forma trapezoidale con al centro un pozzo, era dotato di rostra per l'apertura e la chiusura dell'afflusso dell'acqua - Tavola datata 25 giugno del 1824 realizzata per la necessità di apportare delle modifiche alle vasche e al pozzo.
(Depositato presso l'Archivio di Stato di Trieste - Archivio Piani 385)


Progetto datato giugno 1825 prevede la costruzione di un nuovo canale di collegamento fra la fontana della Zonta e il Lavatoio, in quanto nel precedente si avevano delle perdite d'acqua.
Firmato Dall'Ispezione delle Pubbliche Fabbriche - Ferrari
A destra del lavatoio pubblico la contrada del Lavatoio, seguono parallele: la contrada del Mulin Piccolo (via Milano) e via Bau da Riu (via Valdirivo)[2], la via traversa è via della Caserma, attuale via XXX Ottobre.


Le coperture della fontana della Zonta
Nel 1787 l'ingegnere Humpel progettò una copertura a forma ottagonale con il fine di regolarizzare e consolidare il perimetro e rendere il fontanone decoroso e funzionale (vedi prima foto).
Si legge nella perigrafia pubblicata da A. Cratey nel 1808 che davanti alle vasche delle fontane c'era una colonnina in pietra alla quale era fissata mediante una catena una "cazzuola" (sinonimo di caziul- mestolo - ramaiolo) per agevolare chi volesse bere ...sistema pratico, ma di certo poco igienico in un periodo ancora martoriato da frequenti epidemie.
Successive modifiche alla struttura fecero sparire colonna e cazzuola.


Crollo della fontana
Nefasto fu il restauro del 1820, il comune aveva indetto un concorso per realizzare una nuova copertura e l'appalto fu vinto dal capo muratore Felice Somazzi, nativo di Canobbio (Svizzera), il progetto era stato attuato dagli ingegneri delle Pubbliche Costruzioni la cui direzione, da poco lasciata da Pietro Nobile, era passata all'ex capitano di artiglieria conte Giuseppe Huin. Durante gli anni della sua carica diverse costruzioni ebbero cedimenti e inconvenienti, per questo ricevette numerose critiche, fra gli altri dall'architetto Giuseppe Righetti che gli rimproverò inesperienza, ingenuità e troppa condiscendenza con i suoi subalterni e riguardo al fontanone scriveva: "...riempiendo con quella forma imbarazzante una piazza tanto necessaria", mentre Domenico Rossetti rimarcava la discutibilità estetica delle sue realizzazioni.


"Fontana di S. Niceforo e fontanone della Zonta crollato mentre si costruiva in Trieste"
(Biblioteca civica Attilio Hortis - Trieste -St.906)

Per la copertura del fontanone era necessaria una costruzione funzionale e di facile manutenzione ed è innegabile che la struttura progettata fosse troppo ampia per la piccola piazza e troppo complessa con le sue otto aperture ad arco e un rivestimento in pietra lavorata.
Tra le 13 e le 14 del 15 luglio 1821, a lavori quasi ultimati, la costruzione crollò completamente travolgendo il lavorante Giuseppe Frascarolli che rimase ucciso. L'imprenditore attribuì la causa dell'incidente alla gran quantità di piogge che si erano riversate sulla città nei mesi primaverili, quando la copertura non era ancora realizzata, e al nubifragio avvenuto la notte precedente che aveva fatto straripare il torrente e infradiciato il terreno, escluse invece che l'incidente fosse dovuto alla sua incuria. Le autorità discussero a lungo sulle possibili cause, venne inviata una commissione sul posto, che, pur non riuscendo a chiarire completamente le ragioni del crollo, concluse che questo fosse la conseguenza dei fenomeni atmosferici avversi, ciò nonostante il Magistrato rimase nella convinzione che la responsabilità andava al Somazzi, la cui difesa venne presa dal Procuratore Civico Domenico Rossetti che fra le altre argomentazioni ricordò che il lavoro era stato svolto sotto la sorveglianza delle Pubbliche Fabbriche e che comunque il muratore privo di mezzi: "uomo miserabile da cui in nessun caso nulla sarà da sperare di risarcimento" non avrebbe potuto pagare eventuali risarcimenti. La causa che proseguì per un anno si concluse con un verdetto di assoluzione.
Dopo aver apportato alcune modifiche al progetto iniziale venne predisposta la riedificazione del fontanone, impiegando per la nuova costruzione il materiale del crollo e quello ancora non utilizzato, i lavori furono affidati agli imprenditori Valentino Valle e Angelo Torian e, visto che la fontana era ancora utilizzabile, per non togliere ai cittadini un importante punto di approvvigionamento idrico si attese la fine del periodo estivo per iniziare la ricostruzione.



Schizzo del fontanone della Zonta con l'imponente struttura ottagonale in pietra, la costruzione a destra fa parte dei capannoni della corderia Sinibaldi.
Illustrazione del libro "Passeggiata storica per Trieste" di A. Tribel

La straordinaria siccità del 1822
L'acquedotto Teresiano, terminato nel 1751, si stava rivelando sempre più inadeguato a garantire l'approvvigionamento idrico di una città la cui popolazione era di molto cresciuta rispetto alla prima metà del settecento e durante l'estate del 1822, complice una straordinaria siccità, molte fontane e pozzi rimasero a secco. Da un'indagine condotta in quell'anno dal medico de Garzarolli e dal farmacista Boara, nella città si contavano 27 fra pozzi e fontanoni pubblici, un numero comunque insufficiente per le necessità della popolazione. Venne istituita una commissione per far pulire e sistemare i vecchi pozzi ed aprirne di nuovi, i proprietari di pozzi privati furono invitati a mettere l'acqua a disposizione dei cittadini, l'acqua della fontana della Zonta, anche se intorbidata per il cantiere in corso era ancora abbondante, sospesi i lavori, venne fatta depurare per poterla rendere potabile e disponibile alla collettività, inoltre fu realizzata una conduttura sotterranea per convogliare l’acqua ai due mascheroni posti alla fine del Canale a beneficio delle imbarcazioni, a questo proposito Generini scrive che quest'opera fu di breve durata, poiché nel corso della costruzione della chiesa di Sant'Antonio iniziata nel 1828 la condotta andò distrutta e non fu mai riparata.
Trovo interessante inserire una valutazione fatta nel 1822 [4], dove viene indicato che la disponibilità totale d’acqua della città ammontava a 2.254 metri cubi giornalieri, di cui 1.100, quasi la metà, era fornita da pozzi e fontanoni. Nonostante siccità e imprevisti la nuova copertura venne completata il 7 settembre 1822.

In questo dipinto ad olio di Ernesto Croci è ripresa piazza della Zonta con la struttura in pietra del fontanone, i carri con le botti attendono per prelevare l'acqua.
Foto proprietà CMSA

Fontane e arsura estiva
In una giornata dell'agosto di quell'anno di particolare siccità al fontanone della Zonta è documentata una fila di 397 donne, un numero veramente elevato, anche se le lunghe attese erano abituali venivano ingannate con chiacchierate e spesso davano luogo a liti per i diritti di preminenza per attingere l’acqua, soprattutto in presenza di chi doveva riempire le botti a discapito delle massaie, fantesche, porta-acqua che munite di mastelli, orne, secchi e quant'altro desideravano rincasare quanto prima portando il recipiente colmo sul capo protetto dallo "zvitek" o cercine.

Chi non poteva o voleva recarsi alle fontane comperava l'acqua che veniva consegnata a domicilio anche ai piani più alti da "le porta acqua", robuste donne che fornivano il servizio a pagamento, inoltre c'era "el furlan de la bota", che trasportava su un carro una grande botte piena d'acqua che poi veniva travasata in brente e consegnata sia alle famiglie che ai caffè, trattorie, pasticcerie e ovunque ve ne fosse bisogno, 20 litri d'acqua venivano pagati circa 2 soldi.
Un altro mestiere sparito nei primi anni del 1900, cioè quando quasi tutti i punti pubblici di rifornimento idrico vennero allacciati all'acquedotto, era quello del Civico fontanaro, preposto al controllo del livello dell'acqua e dello stato di pozzi, cisterne e fontane, il quale mensilmente consegnava un rapporto all'Ufficio delle Pubbliche Fabbriche acque e strade del litorale.
Mantenere le riserve d'acqua, oltre che per il suo uso domestico, era fondamentale in caso d'incendio, per l'irrigazione dei campi, per le attività lavorative, per bagnare le strade e la cronica carestia di un bene così vitale aveva portato i triestini in preda allo sconforto a chiedere un aiuto molto in alto, tanto che, tramite il Magistrato, inviarono una lettera al Vescovo chiedendogli di intercedere con preghiere e quant'altro fosse nelle sue possibilità con l'Onnipotente affinché facesse piovere, non ci è dato di sapere se tali suppliche furono esaudite in tempi brevi, ma tenendo conto delle stranezze atmosferiche della nostra città non mi stupirebbe se alla richiesta fosse seguito un nubifragio.

Durante i lunghi periodi di siccità venivano emanate ordinanze straordinarie che potevano riguardare le restrizioni idriche, l'indicazione dei fontanoni più riforniti o quelli dove era possibile prelevare l'acqua con le botti, le comunicazioni venivano trasmesse tramite stampati affissi per le strade.


Manifesto bilingue datato 11 luglio 1823 "da affiggere per la città" dove viene indicato che l'acqua con le botti potrà essere prelevata unicamente dal fontanone del Borgo Franceschino (nell'attuale piazza V. Giotti) costruito nel 1822 e sistemato appositamente a questo scopo.


Demolito il fontanone l'area della piazza era stata adibita a mercato.
Foto collezione A. Paladini

Demolizione della fontana della Zonta
Negli anni successivi ci furono altre ristrutturazioni, l'imponente costruzione venne interessata da diversi lavori di modifica, oltre alla manutenzione ordinaria ebbe spesso necessità di pitturazioni e riparazioni specialmente alla copertura.
Con il progetto di una nuova definizione degli spazi urbani del Borgo Teresiano, nel 1889 il Consiglio Municipale decise la demolizione della fontana, destinando lo spazio a mercato per la vendita di derrate e funghi, in quest'area vennero trasferite le rivenditrici di latte che svolgevano la propria attività in piazza San Giovanni.
I punti idrici di pubblico servizio erano ancora indispensabile e l'antica fontana della Zonta fu sostituita da una più modesta in ghisa sormontata da un lampione a tre bracci.


In primo piano la fontana in ghisa sormontata da un lampione a tre bracci. Sullo sfondo l'edificio che ospitava il "Restaurant alla città di Francoforte" a destra parte della costruzione della corderia Sinibaldi.
Parte di una foto stereoscopica, proprietà CMSA

Piazza della Zonta con la fontana in ghisa, alcuni carretti e bancherelle del mercato i tavolini all'aperto davanti al "Restaurant Città di Francoforte" in fondo il crinale del colle di Scorcola con villa Geiringer costruita nel 1896
Foto collezione Iure Barac

Restaurant alla città di Francoforte
Al numero 3 della piazza della Zonta si trovava un edificio con al pianterreno una trattoria che risulta già dal 1880 denominata "Restaurant alla città di Francoforte" e che si faceva notare per la bella illuminazione esterna che rischiarava tutta la piazza, offriva delle ottime vivande ed era frequentata da tutti i ceti, ma rinomata in particolar modo per gli ottimi piatti di trippe che costituivano la merenda di mezza mattina dei molti artigiani e operai che lavoravano nel borgo Teresiano. Il locale era anche noto ai triestini come "Osteria ai porchetti".
L'esercizio cambiò diverse gestioni e quando la piazza sparì nel 1907 per lasciare spazio alla costruzione del Palazzo Talenti [5], la trattoria si spostò nell'edificio di via Mercadante, dopo il primo conflitto mondiale ebbe la denominazione ufficiale "Agli antichi Porchetti".


Davanti al "Restaurant alla città di Francoforte" in piazza della Zonta si possono scorgere molti tavolini all'aperto e diversi lampioni.
Cartolina viaggiata 5 aprile 1899 collezione Antonio Paladini.


[1] Zonta - zontadura - zontar
sono termini dialettali sempre in uso che significano aggiungere o congiungere

[2] Via Valdirivo, già Baudariù nell'antico dialetto triestino, contrazione di Val del Riu, valle del rivo; perché un tempo in quella zona c'erano vasti campi e le saline, attraverso le quali scorreva un rivo che si riversava nelle acque del mare.

[3] Era un lavatoio pubblico di forma trapezoidale con una rostra che veniva aperta al mattino per far affluire l'acqua limpida nel fosso dove si lavavano i panni. L'acqua rimaneva la stessa fino alla sera quando un'altra rostra veniva aperta per far defluire l'acqua sporca. Per questo motivo dopo le piogge le donne preferivano recarsi a lavare i panni nel torrente e ricorrevano al lavatoio principalmente nei periodi di siccità. Il lavatoio venne abbandonato pare nel 1826, il terreno venne venduto nel 1831 alla ditta Buchler e Comp. per la costruzione nel 1838 dell'edificio conosciuto come Casa Czorzy, su progetto dell'architetto Giovanni Battista de Puppi.

[4] Nel 1882 il numero di abitanti della città era arrivato a 140.000 e le disponibilità d'acqua le seguenti: - acquedotto di Aurisina. 954 mc/giorno - acquedotto teresiano 200 mc/giorno - pozzi pubblici 700 mc/giorno - pozzi privati 400 mc/giorno

[5] Il palazzo Talenti è uno storico immobile cittadino con diversi ingressi: in via Valdirivo 40, in via Carducci 7 e in via Saverio Mercadante 1. Ai primi del 900, al pianterreno aveva sede lo storico Caffè Nova York. Nell'ottobre del 2015 l'edificio è stato restaurato e trasformato in un "Residence".



Bibliografia
Documenti dell'Archivio Generale F.65 F.25-28
Fontane a Trieste di Fiorenza De Vecchi - Lorenza Resciniti - Marzia Vidulli Torlo
Archeografo triestino 1883 pag 112
Perigrafia dell'origine dei nomi imposti alle androne, contrade e piazze di Trieste - pubblicata nell'anno 1808 da Antonio Cratey
Borgo Teresiano vol.I di Fabio Zubini
Trieste Storia ed Arte tra vie e piazze di Silvio Rutteri
Cenni Storici,biografici e critici degli artisti ed ingegneri di Trieste di Giuseppe Righetti
Vocabolario del dialetto triestino di Ernesto Kosovitz
Il problema dell'acqua nella provincia di Trieste Agegas 16 giugno 1988

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