martedì 11 dicembre 2018

Altare del Crocefisso dedicato ai Dispersi di tutte le guerre.


Altare del Crocefisso dedicato ai Dispersi di tutte le guerre.

La chiesa della Beata Vergine del Rosario fu costruita con il contributo della Confraternita del Rosario e di alcuni armatori e commercianti. Sita in piazza Vecchia, la prima pietra venne posta l'11 maggio 1631, completata il 28 ottobre 1635 e consacrata appena nel 1651 dal vescovo Antonio Marenzi; chiusa nel 1784 con le soppressioni operate da Giuseppe II, l'anno seguente fu venduta alla Comunità Evangelica di Confessione Augustana, ma non essendo da questi riconosciuta la venerazione della Madonna il nome venne mutato in chiesa della Santissima Trinità, di questo periodo anche il triangolo onniveggente presente sulla facciata e l'iscrizione sovrastante. Nel 1871, 
dopo la demolizione della chiesa di San Pietro[1] sita in piazza Grande da secoli Cappella Civica [2], il Comune dovette riacquistare dalla Comunità Evangelica l'ex chiesa del Rosario, che venne riconsacrata al culto cattolico il 1° febbraio 1871 dal vescovo Bartolomeo Legat e destinata quale Cappella Civica.

A sinistra l'altare dedicato ai Dispersi, al centro la statua della Madonna del Rosario realizzata nel 2015 a Nadur città dell'isola di Gozo nell'arcipelago maltese, in alto sopra l'arco trionfale l'occhio con raggi di luce all'interno di un triangolo emblema della S.S. Trinità e testimonianza del periodo in cui la chiesa fu proprietà della Comunità Evangelica Augustana.

Addossato alla parete sinistra della chiesa si trova l'altare del Crocifisso dedicato ai Dispersi di tutte le guerre che sostituì l'altare con l'arca contenente la statua distesa di Sant'Antonio, opera devozionale eretta nel 1931 per il settimo centenario della morte di Sant’Antonio da Padova, come testimonia l'iscrizione in basso sul marmo dell'altare. Ai lati della vetrina si può leggere il primo verso dell’inno in onore al Santo: “Si quæris miracula”.
Ora l'arca si trova nella parte destra della navata addossata al muro.


L'arca in vetro con la statua lignea di Sant'Antonio da Padova posta in occasione del settimo centenario della morte del Santo.

Particolare dell'iscrizione "MCCXXXI VII saeculo a caelesti natalicio Divi Antoni I Fratis Minoris cum plebe devota posuit et MCMXXXI".

L'iniziativa di dedicare un altare ai dispersi di tutte le guerre è stata promossa dal Comitato Provinciale di Trieste dell'Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in guerra, che venne istituito nel 1953 grazie all'interessamento di Letizia Fonda Savio presso il sindaco Bartoli. Il comitato, di cui la Fonda Savio divenne presidente, si occupò della raccolta dei fondi necessari e dei contatti con le autorità competenti. L'operazione si rivelerà complessa e l'altare fu benedetto solo il 31 marzo 1962 dal vescovo monsignor Santin.






Gli arredi liturgici originali in bronzo, opera di Carlo Sbisà, sulla tovaglia il ricamo semplice e lineare delle spine.

Mensa con marmi intarsiati proveniente dalla cappella di Stefano Conti demolita nel 1939.
Le misure dell'altare: 2,37m per 1,00m per 1,02m

Anche con lo scopo di contenere le spese, la Direzione dei Civici Musei mise a disposizione la mensa d'altare proveniente dalla cappella gentilizia di Stefano Conti, demolita nel 1939, che si trovava nell'Orto Lapidario. Realizzata con splendidi marmi intarsiati a disegni policromi risulta molto simile agli altari ottocenteschi che si trovano nella cattedrale di San Giusto.
Sulla parete sopra l'altare fu inserita in una cornice marmorea una lunetta bronzea realizzata da Ugo Carà, vincitore del concorso nazionale indetto per l'occasione. Il bassorilievo, realizzato con una fusione a cera persa, illustra il dramma di chi non ha fatto più ritorno dal fronte: nella parte alta la partenza del soldato su un terreno accidentato, circondato da massi, alberi spogli, croci e mare, nella parte bassa un corpo circondato da donne piangenti.



Il bassorilievo bronzeo ha una larghezza di 3,89 m per 1,98 m, il Crocefisso misura 112 x 68 cm.


Particolare della lunetta bronzea realizzata da Ugo Carà. Nella parte superiore è rappresentata la partenza del soldato, mentre nella fascia inferiore le donne piangenti accanto al corpo del morente.

La mensa è solitamente ricoperta da una tovaglia bianca con un ricamo lineare che richiama il filo spinato a rappresentare la sofferenza della guerra, il motivo delle spine, questa volta collegato alla passione di Cristo, viene ripreso nei quattro candelabri in bronzo, completano l'arredo sacro il Crocefisso, che dà il nome all'altare, e il bassorilievo che funge da portella del tabernacolo, tutti elementi in bronzo patinato realizzati da Carlo Sbisà.
Per la celebrazione delle festività natalizie e di altre solennità l'arredo dell'altare viene sostituito e assieme a tovaglie diversamente ricamate vengono posti simmetricamente ai lati del Cristo sei candelabri d'argento o dorati.


Il crocefisso con il tabernacolo realizzati  da Carlo Sbisà. L'immagine è ripresa durante la solennità del Natale quando i candelabri in bronzo erano stati sostituiti da altri dorati.


Particolare del candelabro bronzeo con il motivo delle spine in memoria alla corona portata da Gesù (opera di Carlo Sbisà).


I candelabri il crocefisso e la portella del tabernacolo opere di Carlo Sbisà.



[1] La chiesa di S. Pietro, costruita nel 1367 in piazza Grande (dal 1918 piazza Unità), è stata affiancata nel 1602, in seguito a una grave epidemia di peste, da una seconda chiesetta intitolata a San Rocco, quale protettore dalla peste. Nel 1720 le due chiese vennero unificate, mantenendo la vecchia struttura della chiesa di San Rocco, ma preferendo intitolarla ancora a San Pietro. Venne abbattuta nel 1871.
[2] Il titolo di Cappella Civica viene ereditato, su istanza del Comune previ accordi con la Curia, dalla chiesa di San Pietro edificata in piazza Grande nel 1367 e che fungeva inoltre da aula di giustizia per le cause civili. Per Cappella Civica si intende un luogo di culto di proprietà del Comune e dallo stesso deputata a essere il luogo in cui si festeggiano religiosamente avvenimenti e anniversari inerenti la Municipalità e la città stessa, da non confondere con il coro denominato "Cappella Civica", dal 1538 sostenuto economicamente dal Comune affinché animasse le Liturgie nella cattedrale di San Giusto (Tratto da uno scritto di Don Stefano Canonico).


Testi consultati:
"Le Chiese di Trieste" di Giuseppe Cuscito 1992 "Cittavecchia" di Fabio Zubini 2006
Trieste Antica e Moderna" di Ettore Generini
La chiesa Evangelica Luterana di Trieste di Gino Pavan e Laura Paris

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