L'acquedotto
La Cesarea Regia Commissione alle Fabbriche (K.K. Baucommission), istituita da Maria Teresa nel 1749 per la realizzazione e direzione dei suoi progetti edilizi e portuari, aveva costruito l'acquedotto con i proventi del dazio sul pesce. La conduttura aveva inizio a San Giovanni (a quota96), dove tutt'ora esiste la costruzione del capofonte, seguiva la vallata di San Giovanni e le pendici del colle del Farneto, infine, scendendo lungo la via dell'acquedotto, arrivava in piazza San Giovanni.
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La fontana inaugurata il 30 giugno 1951 alla presenza del sindaco Gianni Bartoli e il professor Silvio Rutteri, al tempo direttore dei Musei di Storia e arte, venne collocata al centro del piccolo giardino ornato da panchine, diversi alberi, cespugli e fiori.
[1] Giovanni Battista Mazzoleni Zogno, 22 ottobre 1699 – Zogno, 10 novembre 1769 (Bergamo), visse nella nostra città dal 1750 al 1768.
"L'acquedotto Teresiano di Trieste" di Paolo Guglia.
"Trieste Itinerari" (Geo-Paleontologico) - 19 agosto 2014
La costruzione delle fontane
Per le necessità della città venne deliberato che avesse tre sbocchi pubblici: nell'antica piazza Grande ed in altre due piazze principali e che per ognuno di questi venisse costruita una fontana ornamentale in pietra bianca. Mentre l'acquedotto era stato realizzato dallo stato, l'onere della costruzione delle fontane avrebbe dovuto essere sostenuto dal comune, ma questo, oberato di spese, riuscì a far rientrare gli importi delle fontane del Nettuno e di piazza Ponterosso nella cifra complessiva dell'acquedotto, impegnandosi solo per le spese relative alla fontana dei Continenti. Le tre fontane furono commissionate a Giovanni Mazzoleni [1] che per l'esecuzione scelse la collaborazione di tre "scalpellini di fino" Giovanni Venturini, Giuseppe Grassi e Giambattista Pozzo.Il primo tenente di artiglieria, ingegnere Giovanni Corrado de Gerhard, direttore della Commissione alle Fabbriche stese nel marzo 1755 un accordo per la costruzione della fontana vicino al Canal Piccolo. Il contratto, approvato dal comandante militare conte de Hamilton, prevedeva dettagli, misure e la qualità del marmo di detta fontana; precisò che il Nettuno doveva essere affiancato da tre cavalli dalle bocche dei quali doveva uscire l'acqua, fra il resto dovevano venir realizzati dei bacini più piccoli per poter abbeverare il bestiame. Il lavoro doveva essere concluso in sei mesi, ma dai documenti risulta che il 7 dicembre l'autorità sollecitò il compimento dell'opera. Finalmente conclusa la fontana viene posta nell'allora piazza della Dogana[2], chiamata così perché l'unico edificio esistente, posto dove oggi sorge il Palazzo del Tergesteo, era quello della Dogana (1750-1754). Il sito era ancora extraurbano e si apriva direttamente sul mare tramite il Canal Piccolo, che verrà interrato per la costruzione del palazzo della Borsa (arch. Antonio Mollari 1802-1806).
Lo smantellamento
Ancora nel 1887 la fontana veniva usata dalle donne del borgo per lavare i panni. Con pretesti inconsistenti il 9 giugno 1920 la fontana venne tolta e riposta nei depositi comunali.Pochi mesi dopo il Comune si trovò nella necessità di liberare parte del materiale conservato nei magazzini Comunali di viale Miramare 63, per la valutazione delle opere e delle pietre, il 23 settembre 1920, fu inviata una commissione della quale faceva parte il direttore del museo di Storia e Arte dott. Sticotti, lo scrittore e storico Francesco Babudri con dei maestri scalpellini e il fotografo Pietro Opiglia, nella relazione che stilarono, fra le altre cose, venne suggerito di collocare sul manto erboso che circondava il Museo di Storia Patria e del Risorgimento di villa Basevi [3], sia il Nettuno che la statua di bronzo allegoria di "Trieste" (del Monumento della dedizione di Trieste all'Austria), utilizzando uno zoccolo già presente nel deposito, per cui era prevista una modesta spesa relativa al solo costo del trasporto delle opere. Probabilmente non se ne fece nulla, dal momento che O. De Incontrera nel 1939 sulla Porta Orientale, scrisse che la fontana era ancora presente nel medesimo fondo comunale ed auspicava di poterla rivedere al più presto in qualche piazza della città, suggerendo di collocarla nello spiazzo simmetricamente opposto alla gemella fontana con il puttino in piazza del Ponterosso, area che doveva essere liberata dal mercato. La stessa proposta era stata espressa da Giulio Cesari, dieci anni prima (nella Rivista mensile della città di Trieste) ed era pure il primo progetto della piazza Ponterosso, quando questa si stava delineando nel nascente Borgo Teresiano, tanto che la sua prima denominazione nel 1764 fu "Piazza delle due Fontane", poi per motivi economici non venne realizzato.
1920 smantellamento della fontana del Nettuno, che verrà trasportata nei depositi comunali. |
Piazza della Borsa dopo la rimozione della fontana del Nettuno |
Il trasferimento in piazza Venezia
Trentuno anni più tardi si chiese allo scultore Nino Spagnoli di realizzare un restauro dell'opera, rivelatosi poi molto complesso avendo da ricostruire diverse parti della scultura, per porla in piazza Venezia, nel punto dove in precedenza sorgeva il monumento di Ferdinando Massimiliano, rimosso per motivi politici nel 1920.
In occasione del restauro il comune fece stilare da Baccio Ziliotto un'epigrafe che venne scolpita sulla vasca, per fissare brevemente la storia della risorta fontana.
QUEST'OPERA
DI GIOVANNI MAZZOLENI DA BERGAMO
DECORO' DAL MDCCLV AL MCMXX
PIAZZA DELLA BORSA
E QUI PER CURA DEL COMUNE
NEL MCMLI RISORSE
L'iscrizione di Baccio Ziliotto scolpita sulla vasca nel 1951 riassume la movimentata vita della fontana. |
La fontana inaugurata il 30 giugno 1951 alla presenza del sindaco Gianni Bartoli e il professor Silvio Rutteri, al tempo direttore dei Musei di Storia e arte, venne collocata al centro del piccolo giardino ornato da panchine, diversi alberi, cespugli e fiori.
Piazza Venezia in una foto degli anni '50 con la fontana al centro del giardino circondata da piante e alberi. |
La fontana in piazza Venezia dopo la ristrutturazione dello scultore Nino Spagnoli foto S.Sergas |
La collocazione attualeQuando nel 1999 il Comune pensò alla riqualificazione delle maggiori piazze della città, venne bandito un concorso, che fu vinto dal gruppo di architetti Bernard Huet (1932-2001), Gaetano Ceschia e Federico Mentil i quali pensarono ad un lungo percorso pedonale che collegasse piazza Unità a piazza della Borsa e, attraverso via Cassa di Risparmio, a piazza Ponterosso, con una fascia pavimentata con i vecchi masegni originali, assieme ad una nuova pavimentazione in pietra arenaria fiammata e pietra d'Istria chiara. Venne inoltre proposto il ritorno della fontana del Nettuno nella sua collocazione originaria. I lavori furono conclusi nel 2010 e l'inaugurazione della piazza si ebbe l'anno successivo. |
Riposizionamento della fontana in piazza della Borsa, scatto realizzato da Sergio Sergas nel luglio 2010 |
[1] Giovanni Battista Mazzoleni Zogno, 22 ottobre 1699 – Zogno, 10 novembre 1769 (Bergamo), visse nella nostra città dal 1750 al 1768.
[2] Piazza della Borsa.
Lo spiazzo che venne a formarsi all'inizio del ’700 dal progressivo interramento delle saline prospicienti alle mura civiche, venne battezzato nel 1749 Piazza del Canal Piccolo o della Portizza, con la costruzione dell' edificio Doganale (sostituito poi dal Palazzo Tergesteo) dal 1754 prese il nome di Piazza della Dogana, dopo il 1791 in seguito al trasferimento della Dogana cambiò denominazione in Piazza della Dogana Vecchia, nel 1802 con la costruzione del palazzo neoclassico di Antonio Mollari assunse il toponimo di Piazza della Borsa, dal 1939 al 1944 la piazza venne intitolata a Costanzo Ciano, dopo il '44 fu ripristinato il precedente toponimo.
[3] Museo di storia patria e del Risorgimento
Giuseppe Basevi aveva fatto costruire una villa in via Besenghi 2 in una posizione dominante per godere del verde del Bosco Pontini e nel contempo poter ammirare la città.
La villa non era ancora completata quando Basevi pensò che poteva essere trasformata in un museo che rievocasse il passato storico e artistico della città, a tale scopo volle offrire l'edificio al Comune, l'atto di donazione venne stilato il 15 marzo 1901, G. Basevi morì il 1907 senza vedere realizzato il suo proposito.
La costruzione venne adattata a questa nuova sistemazione, vennero trasferite le opere dal palazzo Bisentini, arrivarono le prime collezioni e nel 1911 il salone fu aperto solo alle visite scolastiche, il Museo di Storia Patria e del Risorgimento, fu solennemente inaugurato dal sindaco Giorgio Pitacco, il 20 dicembre 1925.
Nove anni dopo, le collezioni risorgimentali confluirono nel Civico Museo del Risorgimento nella Casa del Combattente appositamente costruita.
Dieci anni più tardi Villa Basevi fu gravemente danneggiata da una bomba caduta nelle vicinanze, le collezioni del Civico Museo di Storia Patria furono trasferite nel palazzo Morpurgo in via Imbriani 5. La villa Basevi lasciata andare in rovina e fu demolita nel 1961.
[4] Baccio Ziliotto
Nato a Trieste il 10 gennaio 1880, figlio di Enrico Ziliotto, di antica famiglia vicentino-padovana, e della triestina Emma Macerata, studia nella scuola elementare fino al 1891 e poi nel Ginnasio comunale superiore.
Nel 1899 si iscrive all’Università di Vienna e successivamente all’Università di Graz, dal 1900 al 1903, quando consegue l’abilitazione all’insegnamento delle lingue classiche e dell’italiano.
Inizia la sua carriera di insegnante presso il Ginnasio italiano di Pisino, donde passa al Ginnasio comunale superiore “Dante Alighieri” di Trieste, istituto del quale sarà preside dal 1913 al 1938, allorché è costretto a lasciare la sua scuola per la posizione antiebraica assunta dal governo fascista.
Segue un periodo di isolamento; e sarà la Lega Nazionale a reinserirlo nella vita pubblica nominandolo presidente (primo del secondo dopoguerra) e a dedicargli una lapide nel quarantesimo anniversario della sua rifondazione.
Per tre anni (1915-1918 ) viene internato nei campi d’internamento austriaci.
Presidente della Società di Minerva e per tredici anni dell’Università Popolare di Trieste, svolge conferenze di musicologia, storia dell’arte italiana, cultura italiana e della Regione Giulia, storia dell’Umanesimo triestino e istriano e del Settecento giuliano.
Collabora alle riviste “Pagine istriane”, “La Porta Orientale”, “Archeografo Triestino”, “Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, “Giornale Storico della Letteratura Italiana”.
Tra le sue molte opere sono da citare la monografia su Capodistria (1910); La cultura letteraria a Trieste e nell’Istria. Parte prima (e unica): Dall’antichità all’Umanesimo (1913); Storia letteraria di Trieste e dell’Istria (1924); Le lettere italiane nella Venezia Giulia (1945); Dante e la Venezia Giulia (1948); Dal confine austriaco, a cura della figlia Donatella (1980); e le edizioni della Rinaldeide di Alessandro Gavardo (1946) e dell’Istrias e dei Carmina di Raffaele Zovenzoni (1950).
Scompare nell’ottobre del 1961. (Università Popolare Trieste)
Le foto pubblicate provengono da collezioni private
Bibliografia:
"Fontane a Trieste" F.De Vecchi - L.Resciniti - M. Vidulli Torlo
"Borgo Teresiano" "Borgo Giuseppino" Fabio Zubini
"Fontane a Trieste" F.De Vecchi - L.Resciniti - M. Vidulli Torlo
"Borgo Teresiano" "Borgo Giuseppino" Fabio Zubini
"La fontana del Mazzoleni di Piazza Unità" di Oscar Incontrera in La Porta Orientale - Trieste A. IX, n. 3-4/1939
"Le fontane di Trieste" di Giulio Cesari - Rivista Mensile della città di Trieste - febbraio 1929
"Trieste Itinerari" (Geo-Paleontologico) - 19 agosto 2014
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