lunedì 20 aprile 2020

La fontana del Cantico dei Cantici



Il gruppo bronzeo "Cantico dei Cantici" rappresenta il tema di uno dei libri più conosciuti ed enigmatici della Bibbia, venne realizzato da Marcello Mascherini [1] nel 1962 in occasione della sua partecipazione alla Biennale di Venezia, come parte di una serie di opere che, assieme all'Arcangelo Guerriero, gli valsero il primo premio per l'Arte Sacra. Dopo Venezia l'opera venne esposta in molte città italiane e a Salisburgo, figurava fra le produzioni artistiche esposte sul bastione del castello di San Giusto nella manifestazione artistica "120 giorni di scultura a Trieste" che si tenne nel 1975, inaugurata dall'antologica di Mascherini a cui seguirono le personali di Perizi e Basaldella.
Le due figure filiformi unite in un abbraccio andarono pure a illustrare, come schizzo autografato o immagine fotografica, la copertina di alcuni romanzi.


Le opere di Marcello Mascherini esposte sul terrazzo del bastione Rotondo o Veneto del castello di San Giusto in occasione della manifestazione "120 giorni di scultura a Trieste". A sinistra si vede il gruppo scultoreo realizzato nel 1958 per il concorso bandito dal Comitato Internazionale per il Monumento ad Auschwitz, che dal 1975 si trova nella Sala delle Commemorazioni alla Risiera di San Sabba, l'ultima opera a destra è la scultura originale del Cantico dei Cantici.

Dopo la morte dell'artista, avvenuta nel febbraio del 1983, seguendo le disposizioni espresse in vita la signora Giannina Pacino, compagna ed erede dello scultore, fece dono dell'opera alla città a condizione che questa venisse collocata in un'importante piazza cittadina, suggerendo, come era desiderio dell'artista, piazza G. Oberdan.



Progetto di adattamento dell'aiuola
La donazione divenne oggetto di discussione in Giunta Municipale nel 1985, venne accettata la collocazione desiderata, ritenuta valida anche dal punto di vista urbanistico, a condizione che la signora Pacino facesse rifondere a sue spese l'opera aumentando di una volta e mezza le dimensioni dell'originale, in modo da raggiungere circa 5 metri, al fine di adattare la struttura alle vaste proporzioni della piazza, il Comune si sarebbe fatto carico delle spese del basamento e del trasporto con un preventivo di 6.120.000 di lire [2].


Finita la fioritura il siliquastro incornicia il monumento con la folta chioma. La fontana è a secco, come capita spesso nella nostra città sia per problemi di manutenzione che di pulizia, facendo così apparire l'installazione trascurata e incompleta; l'acqua dà un senso di integrità all'opera e durante l'estate regala un piacevole senso di frescura.

Statua e basamento a parte, era necessario predisporre la piazza per accogliere e valorizzare con una degna cornice il monumento, nel 1987 il progetto urbanistico venne affidato all'architetto Dino Tamburini, il quale presentò un'idea che prevedeva la costruzione di una bassa fontana con sistema di pompaggio per il ricircolo dell'acqua, ricoperta in lastre di pietra repen, che si sviluppava in uno spazio erboso, al centro della quale sarebbe stato collocato il basamento del gruppo bronzeo. Per la realizzazione dei lavori venne stimato un costo complessivo di 71.000.000 lire [3], una cifra notevolmente superiore alla previsione iniziale e per la copertura della quale la Giunta deliberò la stipula di un mutuo bancario. Interpellate le imprese, valutate le offerte e ottenuto il finanziamento, finalmente il 28 luglio 1989 [4] iniziarono i lavori in appalto alla ditta Costruzioni Edili CIEFFE.
Anche la realizzazione della copia del gruppo bronzeo presentò notevoli complessità e venne conclusa solo nella primavera dell'anno successivo, il processo di lavorazione fu articolato, il calco in gesso venne eseguito a Verona per poi passare alla fonderia Tesconi di Lucca.
Durante i lavori conclusivi della piazza ci furono delle interruzioni [5] per interventi inizialmente non previsti e questo portò a una maggiorazione della spesa di 2.203.893 di lire [6].


Ecco come si presentava piazza Oberdan, con l'aiuola fiorita già isolata da un alto recinto visto l'imminente inizio dei lavori per la costruzione della fontana e del basamento sul quale verrà posta l'opera di Mascherini.
Foto dal quotidiano "Il Piccolo" del 24 settembre 1989 - proprietà Biblioteca Civica Attilio Hortis.


Descrizione del monumento
La piazza rimase un cantiere per più di un anno, il monumento venne scoperto il 14 settembre 1990 alla presenza delle autorità e del sindaco Franco Richetti. Gli interventi continuarono ancora qualche mese per sistemare le luci subacquee che la sera avrebbero illuminato l'opera e i giochi d'acqua, per il riposizionamento delle panchine e altri lavori di rifinitura dell'isola. Conclusa la sistemazione, al centro dell'aiuola venne a trovarsi la base del monumento in calcestruzzo la cui superficie fu trattata a mano ottenendo un effetto a grana grossa per renderla simile alla pietra naturale, le lastre di pietra repen che la ricoprono su due lati vennero fissate con decorativi bulloni di bronzo e sotto a queste furono posti degli ugelli dai quali sgorgava l'acqua, che scivolando su dei gradini cadeva nella vasca sottostante dipinta di azzurro chiaro, due corsie delimitate da copertelle in pietra piacentina corrono ai lati del monumento e arbusti permettendo, consentono l'attraversamento pedonale dell'aiuola.


Ecco il vialetto ricoperto con lastre di pietra piacentina che permette di attraversare l'aiuola, passando accanto all'opera si può cogliere l'occasione per osservare la scabra superficie del bronzo.

Alcuni anni dopo il monumento venne affiancato da due "alberi di Giuda" [7], l'insieme compositivo ci offre un'immagine suggestiva specialmente in primavera quando con la loro rigogliosa fioritura rosa acceso creano un piacevole contrasto con il bronzo scuro delle figure centrali, un abbinamento molto felice che ci regala uno spettacolo indimenticabile.

Nel periodo della realizzazione di questa scultura, Mascherini stava passando un periodo di avvilimento e sconforto a seguito della morte della moglie, questo portò a dei cambiamenti nella sua produzione artistica, abbandonò le forme raffinate e levigate per iniziare il cosiddetto "periodo carsico", le figure presentavano superfici scabre che ricordavano le aspre pietre del Carso o il legno grezzo, come accadde nel cantico dei cantici dove le figure dei due amanti presentano superfici ruvide con le striature e la porosità del legno, ma con l'intensa espressività dell'abbraccio riescono a trasmettere una dolce emozione.




Molte opere del grande Maestro si possono ammirare su palazzi e strade della nostra città, ma un'interessante coincidenza vede convivere in piazza Oberdan "i fidanzatini", questo è il nome più diffuso fra i triestini per descrivere il Cantico dei Cantici e la "Romanità" la prima opera pubblica realizzata dall'artista giovanissimo nel 1926, il gruppo scultoreo in pietra artificiale alto circa sei metri che sovrasta l'ex palazzo S.A.I.M.A.- Arrigoni [8].


Fra i rami fioriti del Siliquastro si scorge la "Romanità", il gruppo scultoreo in pietra artificiale posto al culmine della facciata dell'ex palazzo S.A.I.M.A. - Arrigoni, prima opera pubblica di Marcello Mascherini, realizzata nel 1926.

Particolare del monumento con punzonata la "M" sigla dell'artista.



L'opera dedicata all'amore
Come già scritto, con quest'opera Mascherini si riferisce alla composizione poetica della Bibbia attribuita a Salomone, il tema deve aver affascinato il Maestro, che produsse altre opere con questo titolo, la prima delle quali, realizzata nel 1956, si trova nel parco delle sculture della Clinica Paracelsus a Marl (Germania).
Il significato di questo poema è controverso e senza disquisire sulle varie interpretazioni si può affermare che celebra l'amore in tutti i suoi aspetti, parla dell'amore di una ragazza e di un ragazzo, ma può essere visto anche come l'amore simbolico di Dio per il suo popolo.


  Il gruppo scultoreo intitolato "Cantico dei Cantici" realizzato nel 1956 e successivamente collocato nel parco delle sculture della Clinica Paracelsus a Marl in Germania.
Foto modificata - autore Gerardus tratta da Wikipedia.

La scultura è più nota ai triestini con il nome "I fidanzatini", infatti è indubbio che le due figure riprese in uno struggente abbraccio possano ben rappresentare la commovente e tragica storia d'amore che vede protagonisti Pino Robusti, un ragazzo di 22 anni studente universitario iscritto alla facoltà di architettura a Venezia e la fidanzata Laura Mulli (1925-1994), vicenda che venne resa nota grazie al ritrovamento di alcune lettere di vittime e superstiti della Risiera, attualmente esposte al Civico Museo di San Sabba e pubblicate assieme a molte altre nel 2005 da Mimmo Franzinelli.

Questa immagine sorridente di Pino Robusti non fa presagire la drammatica vicenda che lo coinvolgerà a pochi giorni della fine della guerra.
Giuseppe (Pino) Robusti 26 gennaio 1923 - 6 aprile 1945



La tragica storia di Pino e Laura
Il 19 marzo 1945 Pino stava aspettando la sua ragazza in piazza Oberdan quando venne fermato da una pattuglia della polizia tedesca, trovandogli la tessera dell’Organizzazione Todt [9] per il servizio obbligatorio del lavoro fu considerato assente ingiustificato dalle mansioni assegnate, condotto al carcere del Coroneo per controlli, vi fu trattenuto in quanto la tessera risultò falsa [10] e venne infine recluso con i prigionieri politici. Lo stesso giorno, preoccupato, riuscì a far pervenire un biglietto a Laura, anche lei arrestata poche ore dopo e condotta alle carceri triestine, dalle quali verrà rilasciata il 21/04. Dalla sua cella Pino riuscì a far pervenire clandestinamente sei lettere ai genitori e alla fidanzata. Inizialmente i contenuti riflessero un discreto ottimismo sulla sua liberazione, con il passare dei giorni probabilmente la sua sicurezza iniziò a vacillare, ma per tranquillizzare i genitori mascherò la crescente preoccupazione, il 5 aprile 1945 scrisse una lunga lettera d'addio per Laura [11], non volle spaventare i genitori, ma sentiva che la fine avrebbe potuto essere imminente, infatti deportato in risiera di San Sabba fu fucilato il 6 aprile e bruciato nel forno crematorio il 7 aprile 1945.

La targa dedicata a Pino Robusti è stata collocata alla Risiera di San Sabba il 6 aprile del 2007 in occasione del 62° anniversario della sua morte.

Questi scritti, usciti dal carcere grazie alla collaborazione dei compagni di prigionia e altre persone, sono importanti testimonianze che ci fanno conoscere le condizioni di vita che conducevano i detenuti nelle carceri del Coroneo in quel periodo storico; i messaggi sono commoventi e nel contempo strazianti, alla fiducia iniziale traspare la consapevolezza del pericolo incombente. Le lettere di Pino ci fanno capire la sensibilità e il temperamento di un ragazzo che ha dovuto maturare velocemente attraverso un'esperienza terribile.



Il quartiere seguì il progetto urbanistico della cosiddetta esedra Oberdan, con i palazzi disposti a semicerchio dai quali partono tre assi viari, qui è ripreso quello centrale che conduce al Palazzo di Giustizia.

...e il monumento a Guglielmo Oberdan?
Più volte era stato ipotizzato di portare il monumento bronzeo dedicato a G.Oberdan al centro dell'omonima piazza, anche successivamente alla collocazione del monumento di Mascherini, per ultimi dall'assessore Roberto Menia e poi da Franco Bandelli. La proposta, che credo risalga all'ottobre del 2008, non venne accolta e l'assessore alla cultura Massimo Greco ritenne che il posto migliore per l'opera di Attilio Selva raffigurante Oberdan tra due figure alate [12] fosse il sacrario sorto sul punto della sua esecuzione e che in quella piazza il Cantico dei Cantici assumesse il suo pieno valore.

Il monumento bronzeo, opera di Attilio Selva, dedicato a Guglielmo Oberdan nel Sacrario a lui dedicato.
Foto Simone Sergas.

Particolare del monumento con la figura di Guglielmo Oberdan affiancata dalle allegorie della "Patria" e della "Fede".
Foto Simone Sergas.



Note

[1] Nasce a Udine il 14 settembre 1906 da Maria Luigia Mascarin, non verrà riconosciuto dal padre, membro di una benestante famiglia pordenonese di orafi e artisti, tra cui lo scultore Antonio Marsure (Pordenone, 1807 – 1855). A Trieste conoscerà Nera Micheli, che sposerà il 31 dicembre 1933. Morirà a Padova il 19 febbraio 1983.

[2] Delibera Giunta Municipale N2422 12/08/1985
[3] Delibera Giunta Municipale N734 29/02/1988
[4] Delibera Giunta Municipale N940 29/03/1989
[5] Inizio lavori 28.07.1989 - sospesi il 20.09.1989 ripresi 02.04.1990 - sospesi 05.04.1990 ripresi 15.01.1991 conclusi 05.02.1991
[6] Delibera Giunta Municipale N3424 12/10/1990


[7] Siliquastro, nome scientifico Cercis siliquastrum, più noto come albero di giuda, a questa pianta sono legate diverse leggende, la più diffusa vuole che a uno dei suoi rami si fosse impiccato Giuda Iscariota, distrutto dal rimorso di aver tradito Gesù. Il nome potrebbe derivare da un errore di traduzione dal francese "arbre de Judée" (albero della Giudea), luogo dove questo tipo di albero è molto diffuso. In molti luoghi è conosciuto come albero dell'amore, forse perché in alcune varietà le foglie si presentano con una romantica forma a cuore.

[8] Nel 1923 venne demolito il fontanone pubblico di foggia orientaleggiante realizzato nel 1851 dall'ingegner Giuseppe Sforzi, per permettere l'edificazione, per opera dell’impresa Ghira e Polacco, del nuovo imponente palazzo che sarà concluso nel 1925 e ospiterà la sede della casa di spedizioni S.A.I.M.A. (Società Anonima Innocente Mangili Adriatica) e dalla metà degli anni trenta anche gli uffici della Società Prodotti Alimentari G. Arrigoni, dal 2014 diviene la prestigiosa sede della società di assicurazioni Genertel.

[9] L'Organizzazione Todt (OT) fu una grande impresa di costruzioni che operò dapprima nella Germania nazista e poi in tutti i paesi occupati dalla Wehrmacht impiegando il lavoro coatto di più di 1.500.000 uomini e ragazzi.
Creata dall'ingegnere Fritz Todt, Ministro degli Armamenti e degli Approvvigionamenti, l'organizzazione operò in stretta sinergia con gli alti comandi militari durante tutta la Seconda Guerra Mondiale. Il principale ruolo dell'impresa era la costruzione di strade, ponti e altre opere di comunicazione, vitali per le armate tedesche e per le linee di approvvigionamento, così come per la costruzione di opere difensive.

[10] Lettera del 3 aprile 1945 ...State in pace per loro sono regolare alla Todt, ma non capisce come potendo avere una regolare tessera, che ho veduto con tanto di timbri di pagamento io abbia una falsa. Questo è per loro il punto oscuro... Santo Dio, datevi un po' di pace. Ci sono tra noi casi un po' più gravi del mio, eppure tutti sono sereni e allegri... State dunque un po' tranquilli sul mio conto e se volete sollecitamente un colloquio chiedetelo direttamente al maresciallo...


Stralcio della lettera originale scritta da Pino alla sua amata Laura il giorno precedente alla sua morte.
Proprietà del  civico Museo di San Sabba. 


[11] Laura mia                                                        5 aprile 1945
Mi decido di scrivere queste pagine in previsione di un epilogo fatale e impreveduto. Da due giorni partono a decine uomini e donne per ignota destinazione. Può anche essere la mia ora. In tale eventualità io trovo il dovere di lasciarti come mio unico ricordo queste righe.
Tu sai, Laura mia, se mi è stato doloroso il distaccarmi, sia pure forzatamente da te, tu mi conosci e mi puoi con i miei genitori, voi soli, giustamente giudicare. Se quanto temo dovrà accadere sarò una delle centinaia di migliaia di vittime che con sommaria giustizia in un campo e nell’altro sono state mietute.
Per voi sarà cosa tremenda, per la massa sarà il nulla, un’unità in più ad una cifra seguita da molti zeri. Ormai l’umanità s'è abituata a vivere nel sangue. Io credo che tutto ciò che tra noi v’è stato, non sia altro che normale e conseguente alla nostra età, e son certo che con me non avrai imparato nulla che possa nuocerti né dal lato morale, né da quello fisico. Ti raccomando perciò, come mio ultimo desiderio, che tu non voglia o per debolezza, o per dolore, sbandarti e uscire da quella via che con tanto amore, cura e passione ti ho modestamente insegnato.
Mi pare strano, mentre ti scrivo, che tra poche ore una scarica potrebbe stendermi per sempre, mi sento calmo, direi quasi sereno, solo l’animo mi duole di non aver potuto cogliere degnamente, come avrei voluto, il fiore della tua giovinezza, l’unico e più ambito premio di questa mia esistenza.
Credimi, Laura mia, anche se io non dovessi esserci più, ti seguirò sempre e quando andrai a trovare i tuoi genitori io sarò là, presso la loro tomba, a consigliarti, ad aiutarti.
L’esperienza che sto provando, credimi, è terribile. Sapere che da un’ora all’altra tutto può finire, essere salvo, e vedermi purtroppo avvinghiato, senza scampo dall’immane polipo che cala nel baratro.
E’ come divenir ciechi poco per volta.
Ora, con te sono stato in dovere di mandarti un ultimo saluto, ma con i miei me ne manca l’animo, quello che dovrei dire loro è troppo atroce perché io possa avere la forza di dar loro un dolore di tale misura. Comprenderanno, è l’unica cosa che spero. Comprenderanno.
Addio, Laura adorata, io vado verso l’ignoto, la gloria o l’oblio, sii forte, onesta, generosa, inflessibile,l. Sarai santa.
Il mio ultimo bacio a te che comprende tutti gli affetti miei, la famiglia, la casa, la patria, i figli.
Addio Pino



[12] Il monumento celebrativo aveva fatto sorgere scontri e polemiche sulla sua collocazione prima ancora di essere realizzato. Nel 1926 era stato bandito un concorso per un monumento da inserire in piazza Oberdan, la commissione insoddisfatta dei bozzetti presentati affidò il lavoro ad Attilio Selva (Trieste 1888 – Roma 1970), maestro di chiara fama, ma al momento oberato di ordinazioni, il quale presentò il bozzetto solo due anni dopo. Si trattava di un'opera imponente, che aveva per base una struttura architettonica in pietra formata da un'ara con delle scale che conducevano a un altare sul quale era posto il gruppo bronzeo formato dalla vigorosa figura di Guglielmo Oberdan affiancata da due geni alati che simboleggiavano la "Patria" e la "Fede", in basso due figure curve rappresentavano le forze brute "vinte e fugate dalla luce dell'idea", il tutto incorniciato da due colonne che davano solennità alla composizione. Furono costruiti dei modelli a grandezza naturale dell'imponente basamento con l'obiettivo di valutarne l'impatto visivo: nel 1930 venne posto in piazza Oberdan, l'anno successivo sulla sommità della scala dei Giganti, dove ancora non era stata costruita la fontana; nel primo caso risultò troppo ingombrante anche per l'ampia piazza, inoltre ostacolava la vista del Palazzo di Giustizia, alle discussioni sulla collocazione ideale si aggiunsero le polemiche per il notevole costo delle prove.

Negli anni '30 la prima prova di posizionamento del modello dell'imponente parte architettonica dell'opera venne fatta in piazza Oberdan. Nonostante la vastità della piazza venne considerato eccessivo, soprattutto perché impediva la vista del Palazzo di Giustizia.
Foto personale da CMSA esposto al Museo del Risorgimento.

Per risolvere la diatriba nel 1932 Umberto Nordio, iniziati i lavori per la Casa del Combattente, propose di prolungare l'edificio con un ampio porticato che potesse custodire al suo interno la cella e il monumento in bronzo privato dalla struttura architettonica in pietra e da due figure. Per la commemorazione del cinquantenario della morte di Oberdan l'opera non era ancora ultimata e Selva presentò la figura del patriota in gesso patinato bronzo. Solo nel 1934 ci sarà un'imponente cerimonia per l'inaugurazione della monumentale opera bronzea dedicata a Oberdan e per la Casa del Combattente, alla presenza del duca d'Aosta Amedeo di Savoia e di un'enorme folla.




Bibliografia
Delibera Giunta Municipale    2422 - 1985 - Archivio del Comune
Delibera Giunta Municipale      734 - 1988                    "
"                  "                "            940 - 1989                    "
"                  "                "          3424 - 1990                    "
"                  "                "          4117 - 1991                    "
"Il Piccolo" 24 settembre 1989
"Il Piccolo" 15 settembre 1990
"Il Piccolo" 22 ottobre 2008
"Il Piccolo" 07 aprile 2007
Marcello Mascherini "l'acrobata gioioso [...] che parla e scrive" di Massimo De Grassi
Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della resistenza 1943 - 1945 di Mimmo Franzinelli
Catalogo della mostra "Scritte Lettere e voci: tracce di vittime e superstiti della Risiera di San Sabba" curato da Francesco Fait - civico Museo di San Sabba 2014

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