Anche per ricordare l'intensità dei fenomeni atmosferici che colpivano la città e i suoi dintorni, voglio menzionare un uragano che imperversò per ben quattro giorni a partire dalla notte di San Silvestro del 1864, le incessanti raffiche di bora provocarono molti incidenti e causarono contusi, feriti e morti; furono scoperchiati alcuni tetti, strappate delle tettoie, alcuni infissi vennero staccati dalle cerniere finendo sulla strada, anche diversi broom [2] furono vittime dei refoli.
Grazie a questo fatto estremo, degno di un articolo de "Il Diavoletto", veniamo a scoprire un nuovo ruolo dei servi (probabilmente sfruttato anche nelle più frequenti giornate di bora), che il cronista così descrive:
"...spiegarono un'indefessa attività ed ebbero un bel da fare ad accompagnare le persone che abbisognavano di appoggio".
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Una delle tante inserzioni con le quali il direttore offriva servizi sempre diversi, in questo caso un aiuto per un lavoro che nelle famiglie si ripeteva ogni anno in primavera e con i primi freddi. Tratto da "Il Grillo" giornale umoristico, letterario, artistico e teatrale del 1863. |
Riguardo al fatto che i servi potessero fare da
"guida per forastieri" riporto quanto scritto in un divertente e caustico articoletto, in cui l'autore afferma un po' sarcasticamente che i viaggiatori potranno così finalmente ricevere un po' di garbo e gentilezza, dal momento che i triestini sono rudi, scontrosi e si dimostrano poco disponibili ad aiutare o fornire informazioni, lasciando una spiacevole immagine della nostra bella città.
Altri invece i servizi che venivano proposti
in abbonamento, dietro un corrispettivo da concordare preventivamente con l'Istituto:
"Portare i pranzi dalle locande, l'acqua attinta alle fontane, aprire e chiudere magazzini, fare la spesa, pulire stanze, pavimenti, parchetti, scale".
All'occorrenza si avvalevano della loro opera anche al
Comune, con delibere per servizi diversi, come poteva essere la distribuzione delle notifiche o l'allestimento della sala per le convocazioni del Consiglio della Città, pratica peraltro confermata dalle lamentele di alcuni cittadini che la ritenevano uno spreco di denari, in quanto le mansioni avrebbero potuto essere svolte dal personale già stipendiato dal Comune.
Va considerato che questi erano uomini che per lavoro si trovavano ad entrare in abitazioni ed uffici e a cui, come abbiamo visto, venivano assegnati ruoli che necessitavano di una certa responsabilità. Conscio di questo il direttore Mrosek assicurava che il personale veniva selezionato con cura, si trattava di
uomini fidati, di buona morale, che lavoravano sotto la sorveglianza di ispettori e di un capo ispettore scelto fra i componenti del corpo dei pompieri, dal quale peraltro provenivano molti dei servi di piazza stessi.
A ulteriore testimonianza dell'irreprensibilità dei servi vi è pure il fatto che coloro che per diversi motivi non volevano recarsi personalmente al Monte di pietà delegavano un servo per le operazioni di pegno, rimessa o riscatto.
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Il giovanissimo servo di piazza con la regolare uniforme vuole essere inquadrato nella foto della piazza San Giovanni, una zona centrale con molti negozi dove probabilmente stazionava in attesa di clienti. |
Abbigliamento del personaleI servi di piazza vestivano l'
uniforme fornita dall'istituto, questa era composta da una giacca lunga con le spalline formate da stringhe con scritto "P.S.T." (Pubblici Servizi Triestini), realizzata in tela per l'estate e di panno per i periodi più freddi, inizialmente di colore blu con collare e mostre verdi, negli anni seguenti vennero aperti altri istituti caratterizzati da colori diversi: rosso, azzurro, giallo, tinte che solitamente si limitavano alle mostrine e o al berretto; sul petto una targa metallica con il nome dell'Istituto e una targhetta di ottone con un numero ben visibile veniva posta sul berretto con visiera,[3], questo poteva essere di cuoio o tela cerata, infine una tasca nera di pelle fissata alla cintura era utile per riporre le marche e altri documenti od oggetti.
Inoltre il servo doveva essere in possesso di una carta di legittimazione (con "Nulla Osta" dell'i.r. Direzione di Polizia) e per aiutarsi usava spesso un carretto, che per essere ben distinguibile venne dipinto in rosso, divenendo assieme all'uniforme il tratto distintivo del mestiere, tanto da essere rappresentato nelle vignette pubblicitarie e citato anche da Scipio Slataper in un passo de "Il mio Carso" dove descrive scene di quotidianità della nostra città:
"...un servo di piazza si fa avanti con il carretto rosso...".
Pochi mesi dopo l'apertura di questa attività si leggono diversi articoli di elogio per questo servizio tanto atteso e per la capacità dimostrata dalla direzione a organizzarsi in modo da soddisfare ogni esigenza del pubblico con nuove offerte a prezzi ridotti, fra i nuovi servizi c'era la possibilità di richiedere il
personale in abito civile, in modo da poterlo impiegare in vario modo in occasione di feste. ("La Baba" giugno 1864)
Sempre a proposito di servi con ruoli "di rappresentanza" in cui l'aspetto fisico aveva la sua importanza, riporto un simpatico avviso pubblicato sul periodico "L'Arlecchino" del 18 marzo 1865, in cui con notevole anticipo si offre un servizio per il Carnevale dell'anno successivo:
"...aprirò un cancello per comodità dei papà e delle mamme che vogliono regalare dei fiori alle proprie figlie nei giorni di corso...disporrò di servi di ogni forma e statura che vestiranno la bautta che potrà essere di tela lucida, o di raso, o di seta...".
Il testo ci ricorda una romantica usanza che voleva che venissero offerti alle signorine dei profumati "bouquets" da sfoggiare nel "corso delle carrozze" [4]; con il timore di restarne sprovviste spesso le ragazze li comperavano da sole o venivano donati dai genitori, con il risultato di vedere carrozze ricolme di fragranti mazzolini.
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La "carta di legittimazione" con il "Nulla Osta" dell'I.R. Direzione di Polizia, riporta il nome e la data di nascita del servo, l'impresa della quale era dipendente e il luogo in cui stazionava. Collezione Iure Barac. |
La novità del tariffarioL'istituzione di questo servizio fu una novità della quale si parlò molto, tra le altre cose andiamo a scoprire che fra i cittadini vi era la speranza che l'introduzione di un tariffario, come quello proposto dall'Istituto, ponesse fine alle speculazioni e in generale alla soggettività con cui le tariffe venivano calcolate fino a quel momento da chi si occupava di queste mansioni. Un esempio estremo di questo si aveva nelle giornate del 24 agosto e del 24 febbraio, date in cui la legge prevedeva si concludessero e rinnovassero i contratti di locazione [5] e quindi pure giornate di numerosi traslochi, che per essere portati a termine, a seconda delle possibilità economiche dei singoli inquilini, richiedevano l'opera di case di spedizioni o dei "carradori" (carrettieri), che non esitavano ad approfittarsi della gran richiesta concentrata in un singolo giorno per gonfiare i compensi pretesi. Mrosek non mancò ovviamente di offrire un qualificato servizio di traslochi, magnificando di possedere "carri a suste" (verosimilmente forniti di sospensioni con molle a balestra) realizzati "dietro un modello di Parigi, unico nella nostra città" e grazie ai quali si potevano trasportare oggetti fragili o delicati, come pianoforti, vetrami, cristalli e porcellane, senza arrecare danni e, prevedendo numerose richieste, con molti mesi di anticipo sulle scadenze sopraccitate invitava i clienti a prenotarsi per il trasloco (Il diavoletto 1863).
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Un dettaglio dell'immagine di piazza della Borsa dove si vedono i servi di piazza impegnati nel delicato trasporto di un pianoforte. |
I facchiniQuesta concorrenza di ruolo e prezzi impattò anche sui facchini, con i quali però apparentemente si giunse a un accordo, in quanto nel periodico "La Baba" del dicembre 1863 viene riportata un'integrazione del regolamento dove si precisa che i servi di piazza devono attenersi alle loro mansioni senza pregiudicare il lavoro dei facchini. A ulteriore prova di questo accordo sulla concorrenza, evidentemente non gradito a tutti, riporto la risposta fornita dal direttore dei servi di piazza a quanto un anonimo, che si firma con l'evocativo nome di Grano d'orzo, aveva scritto alla redazione del giornale lamentandosi del fatto che i servi di piazza si erano rifiutati di eseguire la mansione da lui richiesta: "...siccome anche i facchini deggiono vivere, così i servi non possono assumere quelle incombenze che sono proprie dei facchini detti da sacco, come è appunto l'imballaggio delle merci".
Da rimarcare però che quanto riportato non riguardava tutte le categorie di facchini, difatti poco dopo, nel gennaio1864, usciva su "Il Diavoletto" un'ulteriore sollecitazione da parte di alcuni cittadini affinché i servi di piazza, che già si occupavano del trasporto bagagli dei viaggiatori per la compagnia di navigazione del Cavalier Giuseppe Tonello, venissero impiegati anche per le navi del Lloyd Austriaco, in modo da por fine ai prezzi arbitrari applicati dai facchini ("Il Diavoletto" 1864).
Pochi mesi dopo il Consiglio di Amministrazione del Lloyd Austriaco si accordava con l'Istituto affinché i servi di piazza sostituissero i facchini, impiegati fino ad allora, allo scopo di regolamentare il servizio e di assicurare ai viaggiatori: gentilezza, disponibilità, un rimborso per eventuali perdite o danneggiamenti dei bagagli, ma soprattutto un prezzo consono e uguale per tutti, punto ulteriormente garantito dall'apposizione di un tariffario in quattro lingue esposto sui piroscafi. Questo cambiamento creò ovviamente del malcontento fra i facchini, tanto che nei primi tempi del servizio, per evitare spiacevoli scontri all'approdo dei piroscafi, lungo le rive e sul molo San Carlo (Audace) vennero dislocate diverse guardie e, in alcuni casi, il commissario di polizia stesso. Nella speranza di limitare le dispute con i facchini, che avevano ottenuto il sostegno di molti cittadini e avendo in ogni caso necessità di nuova manodopera, l'Istituto Triestino dei Servi di Piazza, con una scelta diplomatica inserì nel proprio organico gran parte di coloro che a causa di questo accordo avevano perso il lavoro ("La Baba" maggio e giugno 1864).
Il Lloyd Austriaco mantenne questa convenzione fino alla cessazione dell'attività dell'Istituto Triestino dei Servi di Piazza, passando nel 1906, con le stesse condizioni, al "Consorzio Triestino Servi di Piazza" che aveva da poco aperto in via del Molin Piccolo 7 (attuale via Milano).
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Un tempo ridevano così... quattro vignette dove si ironizza sul ruolo dei servi di piazza. |
Orario e regolamento
L'orario di lavoro era molto pesante, quello invernale andava dalle 7 alle 19 e quello estivo dalle 6 alle 20. Per il riposo e per dedicarsi alla famiglia potevano beneficiare di due domeniche libere al mese, revocabili in caso di necessità. Il salario andava indicativamente dai 25 ai 30 fiorini mensili, a seconda delle mansioni.
Le norme che regolamentavano il lavoro e il tariffario, approvato dal Magistrato Civico, si trovavano esposte, in quattro lingue, nell'ufficio dell'istituto, ma anche pubblicate sulle guide e su qualche periodico.
Riporto alcuni punti tratti da la "Guida della città di Trieste" del 1889:
- Alla fine del servizio le uniformi venivano lasciate in società.
- Non potevano chiedere mance, né richiedere il compenso in modo diverso dal tempo impiegato, a esempio per peso o fragilità dei pacchi, o da quello previsto dalla tariffa.
- Nelle occasioni in cui la loro opera si prolungasse per più giorni, gli accordi dovevano venir presi con le direzioni delle singole imprese.
- I pagamenti venivano eseguiti al momento del ritiro della bolletta o marca che doveva essere trattenuta dal committente, questo meccanismo gli assicurava il diritto all'indennizzo per eventuali danni o ammanchi patiti, per un valore massimo di 500 fiorini, purché segnalati nelle successive 24 ore.
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Uno dei tanti annunci pubblicati sui periodici dove i clienti vengono invitati a richiedere le marche. |
Riguardo la
"marca" devo aggiungere che era del colore che simboleggiava l'istituto, conteneva il numero del servo, l'importo, la data e l'indirizzo dell'ufficio e negli annunci pubblicati si trova con frequenza riportato l'invito ai clienti di ritirare "le marche", sia perché, come detto, erano la loro unica garanzia di rimborso, ma soprattutto per evitare frodi a discapito dell'istituto; da questo si desume che era pratica piuttosto diffusa concludere le trattative direttamente con il servo, ma questa inadempienza, come
"la richiesta di compensi diversi da quelli previsti, prepotenze o mancanze verso il pubblico e insubordinazione verso i superiori" oltre a mettere a rischio l'impiego presso l'Istituto, venivano punite dall'I.R. Direzione di Polizia ai sensi dell'Ordinanza Imperiale del 20 aprile 1854 (Bollettino leggi dell'Impero N°9).
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Le prime tariffe, piuttosto stabili per molti anni, conteggiavano i servizi in base al peso del carico da trasportare e alla distanza da percorrere. Il peso in questa immagine viene espresso in "funti", il funto di Vienna era un'antica unità di misura adottata a Trieste con l'Ordinanza dell'11 giugno 1758, dove i vecchi pesi e misure vennero sostituiti con quelli di Vienna. 1 funto uguale a 0,56 kg (dunque una libbra di Vienna) e i 30 funti sopra riportati corrispondono circa a 16,8 kg. Tratto da "Guida della città di Trieste" del 1870. |
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Dal 1887 tutti gli istituti adottarono la "tariffa oraria" e i medesimi prezzi, mentre solo l'Impresa Triestina di "Espressi" ebbe tale modalità di compenso sin dalla sua apertura nel 1875. Collezione Iure Barac. |
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La tariffa adottata nel 1904 e la convenzione stabilita dal 1864 fra il Lloyd austriaco e l'Istituto Triestino dei Servi di Piazza, denominati "mostre verdi". Tratto da la "Guida della città di Trieste". |
Tombola!
Una curiosità riguarda l'impiego dei servi di piazza per le tombole di beneficenza, in occasione delle quali un gigantesco tabellone veniva eretto tra le colonne del palazzo della Borsa. In un'edizione de "Il Diavoletto" data 1865 si legge che ben 26 servi si presentarono "con il costume tutto nuovo ed i berretti di pelle americana" e per emergere dall'imponente folla vennero fatti salire su delle robuste botti sistemate fra i tabelloni supplementari collocati lungo il Corso fino a piazza della Legna (attuale piazza Goldoni), questi come una catena umana si trasmettevano e nel contempo comunicavano al pubblico ad alta voce i numeri estratti, i triestini, con la solita ironia, definirono questo peculiare spettacolo: "la via Crucis della Fortuna".
Un'altra volta, per assumere un minor numero di lavoratori, venne sperimentato un sistema diverso, i servi partendo dal punto in cui il numero veniva estratto si facevano largo fra la folla muniti di bandierine, sino a raggiungere i tabelloni suppletivi, ma si creò un disastroso caos, alla fine la folla fischiò delusa e l'esperimento non venne ripetuto.
Nel 1867 il gioco venne trasferito in Corsia Stadion (via Battisti), ma a seguito di alcuni incidenti fu sospeso dal 1871 al 1879, da questa data si tenne nel vasto piazzale della Caserma Grande, qui venivano organizzate delle vere feste con chioschi e venditori ambulanti, nel maggio del 1901 ben 7000 persone parteciparono all'evento, ma proprio per questo motivo, alcuni numeri estratti, sempre replicati a gran voce dai servi, vennero equivocati, con conseguenti proteste del pubblico che sventolava amareggiato le cartellette (da "1901 a Trieste e nel mondo").
Negli anni seguenti il gioco venne trasferito principalmente all'Ippodromo di Montebello, ma non si può dimenticare l'edizione più spettacolare, denominata "Tombola sul Mare", tenuta con l'obiettivo di raccogliere fondi per la costruzione della Casa per marinai, il palco fu posto su una maona pavesata, circondata da altre imbarcazioni e la folla disposta sul molo San Carlo e lungo le rive, i numeri venivano segnalati con le bandiere del codice marittimo e ripetuti dai numerosi servi di piazza ("Trieste Cent'Anni di Storia" vol.I Licio Bossi - Severino Baf.).
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In molte foto d'epoca della città controllando con attenzione si possono notare i piccoli carri in sosta o, come in questo caso, il servo di piazza che si avvia per una consegna. |
Condizione sociale
I servi lavoravano dalle 12 alle 14 ore al giorno per un salario alquanto misero, rimasto inalterato per quasi 10 anni, senza alcun sussidio in caso di malattia, privi di stabilità lavorativa e di tutele, nel passato avevano manifestato qualche lamentela rimasta inascoltata, ma nel 1872, causa il carovita e l'aumento delle pigioni, il malcontento era sfociato in vere e proprie proteste e scioperi, gli stessi problemi erano sentiti anche da altre categorie di lavoratori che proclamarono anch'essi delle giornate di sciopero, ma in modo autonomo, senza programmi precisi e senza appoggio di associazioni che potessero mediare le rivendicazioni, in quanto le poche esistenti [6] si occupavano di mutuo soccorso, cosicché i lavoratori nella maggior parte dei casi ottennero risposte intimidatorie e solo raramente dei miglioramenti, spesso concessi solo per tacitare le proteste. I servi di piazza con le loro basse mercedi non riuscivano a soddisfare i bisogni fondamentali e nonostante la modesta richiesta di portare la paga attuale dai 71 o 87 soldi al giorno, a seconda della categoria o dei servizi, a 1 fiorino, uguale per tutti, non riuscirono a trovare un accordo, tanto da sentirsi rispondere dal principale
"chi no ghe comoda che el vadi via" e per rendere la risposta più efficace licenziò alcuni servi ("El Buleto Fojo Triestin" 11 agosto 1872 ), la miseria del periodo coinvolgeva larghi strati della popolazione e per il direttore non fu difficile sostituire il personale che era stato allontanato.
Alcuni servi, dopo il mancato accordo sui compensi e sull'orario di lavoro, decisero di costituirsi in società con divisa propria e una sede in via Canal Grande (via Cassa di Risparmio), molti cittadini si espressero a favore di questa iniziativa ritenendo che fossero dei bravi lavoratori e sperando che ottenessero il successo meritato. In poco tempo ai "Nuovi Servi" vennero concesse le autorizzazioni necessarie e il permesso di applicare la piastrina in ottone con inciso "N.S.". L'anno successivo cambiarono la denominazione in "Nuova impresa Triestina dei Servi di Piazza" e con questo nome continuarono l'attività per molti anni.
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L'inserzione pubblicitaria apparsa sulla "Guida della città di Trieste" di qualche anno dopo. |
Nuovi Istituti
In una città le cui infrastrutture stentavano a stare al passo con la sua espansione umana e commerciale, superati alcuni periodi di crisi, altri imprenditori videro l'opportunità di fondare nuovi istituti di servi di piazza e dopo più di dieci anni dall'esperimento di Mrosek, al 28 agosto 1875 erano attivi tre istituti. Da principio, temendo la concorrenza, ci furono pesanti sgarbi fra i servi veterani e i nuovi arrivati, i cittadini biasimarono questi atti vessatori e pregarono la direzione di intervenire per placare gli animi e invitare i dipendenti ad avere un comportamento corretto, pare che i servi si adattarono presto alla nuova situazione, anche perché probabilmente il lavoro non mancava visto che nel 1889 le imprese erano arrivate a cinque e tutte situate nella zona centrale della città:
- "Istituto Triestino dei Servi di Piazza" - via S. Giovanni 3 (via Imbriani attivo dal 1863)
- "Nuova Impresa Triestina" - via della Cassa 3 (primo tratto dell'attuale via Genova fino a piazza Ponterosso) e Canal Grande 11 (via Cassa di Risparmio), società attiva già dal 1872 con il nome di "Nuovi Servi" e che nel 1875 cambiò denominazione in "Nuova Impresa Triestina".
- Impresa Triestina di "Espressi" - piazza Nuova 6 (piazza della Repubblica) con ingresso in via S. Caterina (attiva dal 1875).
- Impresa Triestina "Fattorini" - via degli Artisti 4.
- "Impresa Corrieri Triestini" - via San Lazzaro.
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Le angurie venivano scaricate dalle imbarcazioni e vendute direttamente sulla banchina del Canal Grande, un servo di piazza probabilmente ha collaborato allo scarico ed ora è in attesa di qualche cliente che necessiti di aiuto per trasportare verso casa il pesante frutto estivo. Collezione Giancarla Scubini. |
Dopo il primo conflitto mondiale i servi di piazza continuarono il loro lavoro dedicandosi soprattutto allo scarico e trasporto bagagli per i viaggiatori in arrivo con i piroscafi e con la ferrovia, furono sempre un importante riferimento soprattutto per i turisti, tanto che nelle "Guide per viaggiatori" pubblicate nei diversi paesi d'Europa veniva consigliato di rivolgersi ai servi di piazza, suggerendo magari l'Istituto ritenuto più fidato o economico. Voglio ricordare: "Handbook of Dalmatia, Abbazia, Lussin Etc: „The Austrian Rivieraˮ di A. Hartleben del 1913, dove vengono indicate le tariffe e i servizi offerti e il "Commerce Reports" - United States Department of commerce del 1931, dove indicano che il personale de "Il Consorzio Triestino dei Servi di piazza" si occuperà dello scarico e del trasporto del bagaglio e le tariffe calcolate in peso e distanza si potranno trovare esposte anche nella Stazione Marittima.
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Una rara insegna in legno dell'altezza di quasi 2 metri del "Consorzio Triestino Servi di Piazza", realizzata nei primi anni del '900 da Francesco Epron, pittore/tabellista. Collezione privata. |
Con il passare degli anni
si venne a perdere la figura indispensabile del "tuttofare", così particolare e necessaria nel passato, uomini pronti ad ogni mansione e capaci, con un po' di fantasia, di risolvere qualsiasi necessità; le inserzioni dei servi di piazza non occupavano più le prime pagine delle guide turistiche e cittadine, mantennero lo storico servizio di gestione del deposito e trasporto bagagli, ottennero ancora qualche collaborazione con i negozi che, come prestazione aggiuntiva, offrivano la consegna della merce a domicilio, ma il mercato del lavoro stava cambiando, si richiedevano maggiori tutele del lavoratore, assicurazioni antinfortunistiche e venne persa l'antica denominazione di "servo di piazza", sostituita da altre che determinavano precise figure professionali.
Questi di seguito elencati sono essere
gli ultimi istituti che trovo citati nelle "Guide della Città":
- "Consorzio Triestino dei Servi di Piazza" via Cavana N°13 dalla "Guida Industriale Professionale e Commerciale", risulta ancora attivo nel 1935.
- Nel 1950 era in attività la "Cooperativa Servi di piazza" con sede in stazione centrale - note tratte dalla "Piccola Guida per tutti" del medesimo anno.
Vorrei concludere ricordando questi versi tratti da "Fargnòcole" Rime in vernacolo Triestino di Giulio Piazza che si firmava "Macieta" (1899):
NOTE[1] Il 1 novembre 1898 si ebbero i primi impianti elettrici che fornivano una luce intensa, ma per diversi anni questi non soppiantarono completamente i fanali a gas.
[2] Il termine "broom" deriva da "brougham", chiamata così dal nome dell'avvocato scozzese
Henry Peter Brougham, I barone Brougham e Vaux (Cowgate, 19 settembre 1778 – Cannes, 7 maggio 1868), che progettò nel 1838 una carrozza chiusa trainata da un cavallo, con balestre e ruote ricoperte di gomma che la rendevano comoda e confortevole. I posti a sedere erano due, ma a volte erano aumentati a quattro, montati opposti.
[3] Questo tipo di copricapo usato spesso anche dalla gente comune aveva una visiera rigida e popolarmente era chiamato "ongia" (unghia) o "rasca".
[4] Questa sfilata esordì nel 1783 per iniziativa governatore Pompeo Brigido, fu immediatamente un successo tale da dare il nome di "Corso" a quella che era la Contrada Nuova o Grande. Il corteo era formato da eleganti carrozze che si alternavano a vetture pubbliche, giardiniere, gripize, tutte riccamente addobbate e carri allegorici, da questi, come dalla grande folla disposta lungo il percorso, si lanciavano fiori, coltivati nelle serre o realizzati nelle sartorie, "confetti" (inizialmente di zucchero con un seme di coriandolo al loro interno, in seguito più frequentemente di gesso), "cartoline" (dischetti di zucchero avvolti in carte colorate), i getti, che iniziavano con grazia, finivano con vere e proprie battaglie, di queste ne approfittavano soprattutto i ragazzi che prontamente raccoglievano i dolcetti da terra. Per non restare privi di "munizioni", chi ne aveva la possibilità, impiegava dei servi di piazza che velocemente provvedevano al rifornimento.
[5] Nel Verbale del Consiglio di città del 1862 si legge che l'Editto Governativo 18/11/1785 stabiliva che i contratti d'affitto annuali scadessero il 24 agosto. La "data fatale", come popolarmente veniva chiamata, era attesa con apprensione, tanto da dar origine ai detti "eser bruto come el 24 agosto" e "24 agosto bruto come el mostro". Con l'aumentare della popolazione, per evitare la gran confusione e soprattutto la difficoltà nella ricerca di appartamenti, con il dispaccio del 23 febbraio 1853 i contratti divennero semestrali, con il termine fissato il 24 febbraio e il 24 agosto e la notifica di sloggio doveva essere impartita con un preavviso di tre mesi. Queste condizioni erano riservate alle case d'abitazione di città e contrade suburbane, per le case coloniche e le campagne il contratto scadeva invece l’11 novembre ed erano necessari 6 mesi di preavviso per lo sloggio (verbali XVII seduta pubblica del Consiglio 8 aprile 1862).
[6] Le prime associazioni si costituirono nel 1844 - 1850, sostenendosi con elargizioni di benefattori privati e con il contributo dei soci, queste avevano unicamente fini mutualistici e non coinvolsero tutte le categorie di lavoratori, nel 1869 ci fu una svolta con la "Società Operaia Triestina" S.O.T. di velato spirito irredentista, che fu aperta a tutte le categorie di lavoratori, superando così il corporativismo delle precedenti società, si diedero come obiettivo pure l'istruzione degli operai e per questo vennero aperti dei corsi gratuiti per analfabeti e una biblioteca sociale, lo stesso anno usciva l'organo di stampa "l'Operaio", nonostante i programmi gli interventi furono ancora soprattutto di natura assistenziale e nel 1873 venne istituita una sezione femminile, nel corso del tempo arriveranno altre associazioni che contribuiranno alla formazione di una coscienza sociale nei lavoratori e intraprenderanno la lunga lotta per la difesa dei loro diritti fondamentali.
Bibliografia:"Teatro dei mestieri" Elisabetta Rigotti
"Trieste Costumi e Mestieri" Bianca Maria Favetta
"Sessant'anni di vita italiana" di Giulio Cesari 1929
"Vecchia Trieste" Lorenzo Lorenzutti
"Trieste 1900-1999" vol I di Licio Bossi e Severino Baf.
"Edilizia popolare a Trieste" di Flavia Castro 1984
"Il Corriere di Trieste" 28 agosto 1875
"Il diavoletto" giugno 1866
"Il diavoletto" 27 agosto e 24 settembre 1863
"Il diavoletto" 1864
"La Baba" giornale umoristico 30 settembre 1863
"La Baba" maggio-giugno 1864
"La Baba" maggio 1865
"El Buleto fojo Triestin" 1872 di V. Gerolini
"El Bulo fojo scrito in dialeto triestin" 1872
"L'Arlecchino" 18 marzo 1865
"L'Alba" 17 agosto 1872
"Il Grillo giornale umoristico, letterario, artistico e teatrale" 19 luglio 1863 (vignette 11 ottobre 1863)
"L'Operaio" 1873
"L'Alba" giornale politico agosto 1872
"Verbali della XVII seduta pubblica del Consiglio" 8 aprile 1862
"Almanacco della città di Trieste"1867
"Guida della città di Trieste" anni:1865-1867-1870-1875-1878-1880-1887-1889-1899-1900-1904-1909-1915-1950-1963
"Guida Industriale Professionale e Commerciale" 1930
"Il 1901 a Trieste e nel mondo" di Corrado Ban 1971