domenica 1 luglio 2018

Ponte Verde

                                                     
                                                                               
Desta scalpore e curiosità l'imponente veliero "Ada" (di Chioggia) che con un'abile manovra sta entrando nel Canal Grande.
foto collezione Antonio Paladini.

Il Canal Grande
Il canale Grande ha origini naturali ed era stato il collettore principale delle vecchie saline, ormai bonificate. Per trarre vantaggi commerciali e coadiuvare il lavoro del porto si volle renderlo percorribile a imbarcazioni di medio tonnellaggio, così, sotto la direzione del colonnello del genio Francesco Saverio Bonomo, coadiuvato dall'ingegnere veneziano Matteo Pirona e dal suo concittadino Domenico Caparazzolo, che per questo scopo ideò la macchina cavafango, iniziarono i lavori di scavo e ampliamento del canale, vennero costruite le sponde in pietra e con la terra dello scavo si formò la futura piazza Ponterosso. Contemporaneamente lungo le banchine venivano costruiti grandi fabbricati dotati al pianterreno di capaci magazzini. Completato nel 1756, il canale aveva raggiunto una lunghezza di 371 metri per una larghezza di 28. In quegli anni si assistette a un gran movimento di velieri e trabaccoli che entravano e uscivano dal canale per trasportare i materiali necessari per la costruzione delle case nella città nuova e per caricare e scaricare le merci riposte nei magazzini dove venivano preparate per la vendita; questo si rivelò inoltre un'ottima darsena per trovar riparo dal maltempo ove, con una retribuzione giornaliera proporzionale al loro peso, i bastimenti potevano sostare da 4 a 15 giorni, di regola ai lati del canale in modo da lasciare libero il passaggio alle barche più piccole, assicurati agli anelli d'ormeggio in ferro infissi nelle pietre lungo le sponde o alle bitte in pietra, chiamate garofolini, alcune delle quali possiamo vedere ancora oggi.
Fino alla metà dell'800 i carri e i pedoni che volevano attraversare il canale potevano usare solo il ponte Rosso, che collegava la piazza omonima alla via delle Poste (via Roma), si trattava di un ponte mobile a due campate che veniva aperto per il passaggio di imbarcazioni o navigli.
Quando nel 1925 si decise di sostituirlo con un nuovo ponte fisso in pietra e cemento, quasi come lo vediamo oggi, l'ultimo tratto del canale non fu più accessibile alle imbarcazioni e nel 1934 venne interrato con le macerie derivanti dalla demolizione della città vecchia. Il canale si trovò a essere ridotto nella sua lunghezza e il pronao della chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo non poté più riflettersi nell'acqua, si ricavò però lo spazio per la piazza "Umberto I" con l'annesso giardino, che nel 1944 venne rinominata "Piazza Sant'Antonio Nuovo".


Lungo il ponte Verde sta transitando il tram con le tende della tenuta estiva, trainato da un cavallo.
Foto collezione Iure Barac.


Il Ponte Verde
Fino al 1858 durante la notte l'imboccatura del canale veniva chiusa con delle catene, in quell'anno con l'allargamento delle rive l'amministrazione dello stato fece costruire dalle officine Strudthoff un ponte girevole in ferro a una sola campata, che collegava la riva Carciotti (riva III Novembre) con la via della Stazione (corso Cavour). Inaugurato il 4 aprile, si decise di dipingerlo in verde e da questo colore prese il nome. Il piano della travata era formato da tavoloni leggermente arcuati per agevolare lo smaltimento l'acqua dalla carreggiata, inoltre, con il duplice scopo di proteggere la superficie dal danneggiamento delle ruote dei veicoli e di impedire che i cavalli scivolassero, fu ricoperto da lamiere a bottoni, a lato un marciapiede riservato ai pedoni.
Il ponte Verde veniva aperto con un argano girato a mano alle 7 del mattino e alle 15 ed eventualmente quando ci fosse bisogno, quando era aperto il traffico stradale veniva bloccato anche per diverse ore. Il meccanismo per il movimento si trovava chiuso in una galleria incassata nel suolo per essere protetto dalle intemperie e dal sale.


Una rara foto, ripresa dal canale, con il ponte Verde aperto e dei velieri che si accingono a entrare
Foto collezione Dino Cafagna.

Progetto del secondo ponte verde, con l'inserimento del binario per il tram e per il treno. Costruito nel 1887 su progetto dell'ing. Arturo Vio nello Stabilimento Tecnico Triestino.
Nel disegno sono rappresentate le sezioni e il meccanismo per la rotazione del manufatto.
tav.Archivio di Stato di Trieste.

Il "nuovo" Ponte Verde
Nel 1887 ci fu la necessità di raccordare la linea ferroviaria della stazione Meridionale con la stazione della ferrovia Trieste-Erpelle, non potendo sopportare il peso economico di una totale ricostruzione del ponte si decise di apportare importanti modifiche a quello esistente, affinché potesse sopportare il peso e le vibrazioni prodotte del treno. Con questa soluzione si ebbe un notevole risparmio anche perché permise di mantenere la vecchia muratura e alcune parti della struttura.
Si legge in una lettera inviata al Governo Marittimo datata marzo 1887 firmata Strudthoff, che, come richiesto, inizieranno i lavori per la demolizione del "ponte nuovo" e in quell'occasione verrà montato una ponte galleggiante riservato ai pedoni. Non si tratta di una svista, nei carteggi il ponte esistente viene sempre definito "nuovo", "Ponte Verde" potrebbe essere stata la denominazione popolare, che però troviamo utilizzata in documenti successivi.
Anche il secondo ponte venne realizzato nello Stabilimento Tecnico Triestino, su progetto dell'ing.Arturo Vio, il quale descrisse dettagliatamente questo lavoro in una pubblicazione che ebbe diffusione nazionale. Durante i lavori quasi tutte le travi furono sostituite da altre di analoga conformazione, per potenziare il tratto sotto i binari vennero inserite nuove travi gemelle rinforzate, sia nella parte superiore che in quella inferiore, da tavole composte da lamiere sovrapposte. La lunghezza della campata era di metri 13.155; la larghezza, di metri 3.8 più 1.89 destinati ai due marciapiedi, non permetteva la costruzione di binari indipendenti, per cui fra il binario della ferrovia e lateralmente a esso vennero collocate le rotaie del tramway, impedendo quindi il passaggio contemporaneo di questi due mezzi.


Accanto alla ringhiera l'ispettore delle guardie di pubblica sicurezza austriache Giovanni Prodan, sul ponte sta passando un tram con le finestre protette da vetri e la pedana posteriore, visibile il doppio binario usato prima della costruzione del ponte ferroviario.
Foto: Sebastianutti & Benque - Civici musei di storia ed arte.

Il congegno d'apertura preesistente non poteva sopportare il peso del nuovo ponte, per cui venne costruito un nuovo argano, collocato su una sponda, formato da una campana in ghisa fissata a un perno verticale, la forza per mettere in movimento il ponte era data da una squadra di sei persone che agivano sulle stanghe infisse nel naspo, la travata dopo essere stata sollevata dagli appoggi eseguiva un giro di 90 gradi andando a posizionarsi parallelamente al canale, per la chiusura si invertiva il senso di rotazione. I manovratori erano alle dipendenze del I.R. Capitanato di Porto e Sanità Marittima, le spese sostenute per l'apertura di tutti i ponti veniva sostenuta dall' I.R. Governo Marittimo.
Il ponte poteva ora sopportare un carico di 460 kg per cm quadro, come era previsto dalle norme delle ferrovie austriache dello stato per le strade carrozzabili.


I velieri sono in attesa dell'apertura del canale, mentre gli addetti si apprestano a girare l'argano
Fototeca dei Civici musei di storia ed arte.

A sinistra il palazzo Gopcevich (costruito dal 1847-50), lungo il canale si vedono alcuni velieri ormeggiati, un uomo è appoggiato all'argano per mezzo del quale veniva aperto il ponte.

Funzionamento dell'argano
Per dimostrare il funzionamento dell'argano che consentiva l'apertura del ponte, riporto integralmente quanto scritto dall'ing. Vio e la relativa tavola: "La campana g. termina da una piattaforma orizzontale sulla quale si appoggia il ponte. La campana è in ghisa ed è fissata a un perno verticale, pure in ghisa, attorno al quale avviene la rotazione. Il perno è a vite e s'infila in una madrevite d. di bronzo la quale, col mezzo di cunei, è fermata alla ruota dentata e. I denti circolari di questa ruota s'ingranano in una ruota senza fine f., la quale giace in due cuscinetti fusi in un solo pezzo col cassone g. incassato nel suolo. La ruota dentata che è di acciaio, scorre sopra le sfere h. pure di acciaio, guidate da un anello che viene sostenuto da piccoli supporti e. Onde difendere il meccanismo dall'azione dell'umido, esso è collocato in una galleria d'accesso v. sopra una sponda, acciocché sia agevole visitarlo".


La tavola rappresenta il meccanismo di apertura del ponte per mezzo di un argano.
Tratta dal libro "Alcuni cenni intorno alla costruzione del ponte girevole sul Canal Grande di Trieste" - Memoria dell'ing. A. Vio

La casa accanto al Canal Grande dal 1798 fino al 1820 fu sede dell'ufficio postale principale dell'Imperiale Regio Governo, venne demolita nel nel 1926 per la realizzazione del palazzo Aedes conosciuto anche come "grattacielo americano". Nel tratto in muratura del ponte si scorge una delle due protomi leonine in bronzo che stringe tra le fauci un anello.

Allargamento delle rive
Le rive sono strette e le imbarcazioni a ridosso delle case, sulla strada già congestionata da carri, pedoni, tram e treno, vengono scaricate le merci. Per creare nuovi spazi nei primi anni del '900 ha inizio il progressivo interramento delle rive, di conseguenza il canale si allunga di circa 30 metri, al ponte Verde viene affiancato un ulteriore ponte girevole, il ponte Nuovo o Bianco sul quale verrà trasferito il tracciato ferroviario, inoltre vengono date le disposizioni per regolare il traffico sui due ponti.
Per molto tempo le strade saranno un cantiere a causa del lungo lavoro di imbonimento, livellamento del terreno e, per finire, di lastricazione.


Fra il ponte Verde (a sinistra) e il ponte Nuovo o Bianco (costruito nel 1909) alcuni bambini guardano nella piccola darsena dove sostavano i pescatori per sistemare e pulire pescato e imbarcazioni.
Foto collezione Antonio Paladini

A destra del ponte Verde il palazzo Aedes o “Grattacielo Rosso”, costruito su progetto di Arduino Berlam (1928)
Foto collezione Sergio Sergas

La fine del ponte Verde
Con i nuovi interventi di ampliamento e potenziamento del porto nuovo anche le navi di grosso tonnellaggio potevano scaricare le loro merci direttamente nei suoi magazzini, il Canal Grande perse la funzione per cui era stato creato e i ponti vennero aperti sempre più raramente.
Nel 1950 si pensò di eliminare la strozzatura creata dai due ponti fra la riva Tre Novembre e corso Cavour, che creava problemi di viabilità e costruire un solo ponte corrispondente alla larghezza della riva.  La demolizione attirò un numero inaspettato di persone, che non seguirono i lavori solo per curiosità, ma per rendere omaggio a un'opera che faceva parte della storia della città. 
Il ponte Verde venne rimosso alla fine del mese di maggio e non andò, come molti credono, a finire a Ossero (la leggenda del ponte di Ossero), ma con l'aiuto di mezzi di sollevamento e trasporto del CRDA (Cantieri riuniti dell'Adriatico) e delle forze armate americane sotto lo sguardo di un folto pubblico, venne portato al deposito-museo di San Vito di Diego de Henriquez. Purtroppo la disastrosa situazione economica e i debiti obbligarono il collezionista a venderne, già alla fine del gennaio 1952, le ringhiere e una trave a doppio T, ricevendo in compenso una discreta somma. Il ponte Bianco sarà demolito alla fine del '52, in seguito alla decisione di mantenerlo in funzione più a lungo possibile per non interrompere il collegamento della linea ferroviaria, anche questo, assieme alla casetta contenente il dispositivo elettrico per la sua apertura, che venne sollevata senza smontarla e collocata su un carrello usato per il trasporto stradale dei vagoni ferroviari, vennero posti nel medesimo deposito. Disgraziatamente in seguito de Henriquez fu costretto a vendere anche questo ponte.


Testi consultati:
Il Porto franco di Trieste - Una storia europea di liberi commerci a cura di Guido Botteri
Borgo Teresiano di F. Zubini
Il Porto di Trieste dal '700 in poi di Marina Alga
La Civica Collezione "Diego de Henriquez" di Trieste di Antonella Furlan

Cronaca di una vita - Diego De Henriquez a cura di A. Furlan e A. Sema
Alcuni cenni intorno alla costruzione del ponte girevole sul Canal Grande di Trieste - Memoria dell'ing. A. Vio
Governo Marittimo 1858 - Archivio di Stato di Trieste
Governo Marittimo 1887 - Archivio di Stato di Trieste

"Giornale di Trieste" annate 1950 - 1951

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