sabato 30 gennaio 2016

"Le Venderigole" in piazza della Legna



In primo piano il mercato, come si vede elevato da un gradino rispetto al piano stradale, a sinistra la monumentale casa Caccia, del 1875, in fondo, zona Ponte della Fabra, la casa preesistente al palazzo Georgiadis, costruito nel 1927, sulla destra la casa A.Pippan, demolita, per la costruzione del palazzo Parisi, nel 1912.


Il Mercato

In piazza della Legna, dal 1902 piazza Carlo Goldoni, operava un vivace mercato. Nelle bancarelle, sormontate da tende in precario equilibrio, venivano venduti non solo i prodotti della terra, ma ogni sorta di generi alimentari: si trovava la "bota coi capuzzi" (botte con i crauti), le trippe, il miele, le uova freschissime e, quando queste erano terminate, la venditrice correva a prenderne altre al "magazin dei ovi" in via Pondares. Immancabili poi erano i banconi dei venditori di fiori. Tutto questo contribuiva a creare un vivace e chiassoso mercato dai tanti colori.
Al centro un antico pozzo, trasformato nel 1774 in una fontana più volte modificata, forniva l'acqua, indispensabile e preziosa in questa frequentatissima piazza, anche per limitare, con frequenti bagnature, la polvere che, alzata dal vento, andava a ricoprire la frutta e la verdura.



Due immagini di bancarelle con cesti di frutta e verdure.
Come si può vedere è stata buttata acqua sui masegni della piazza nel tentativo di limitare la polvere.


Un tempo, come tutti i rivenditori e gli artigiani, anche le venderigole erano riunite in una "fraglia" o corporazione; a loro erano riservate delle feste e per carnevale disponevano di un carro.
I vecchi statuti avevano delle regole per questo tipo di commercio e dalle le onerose multe riportate dai documenti, si evince quanto fossero severi in caso di trasgressione, anche se non ci è sempre dato di capirne le motivazioni, per quanto probabilmente di base si trattava, nella gran parte dei casi, di norme igieniche.
Usualmente le foto riprendono i mercati durante la bella stagione, ma la frutta e la verdura venivano vendute con tutti i tempi e quelle povere donne avvolte negli scialli ed infagottate in più strati di abiti pesanti, restavano per tante ore al loro banco a sfidare l'inverno e ad attendere che la merce fosse tutta venduta.

 
                                            
In primo piano il mercato con dietro il palazzo Tonello, sede del quotidiano "Il Piccolo", in fondo la galleria di Montuzza e la Scala dei Giganti 1905-07, in cima la torre piezometrica dell'acqua, a sinistra l'imponente chiesa dei Capuccini,
Riporto una poesia di Fulvio Muiesan


"Le Venderigole"


Dove xe andade,Trieste,

le tue done cole zeste
sentade in piazza per tera
dala matina ala sera

tra fagoti de radicio
bighe e pianieri de ovi
freschi del giorno prima,

che stava là tuto l'inverno
con quela teribile zima,

e per parar via i rafredori
che cussì facile se ciapa
zercava tra le sotocotole
la botilia de trapa.

"Siora Ursula"

Una difficoltà di notevole importanza che potevano incontrare le "venderigole" era la mancanza di liquidi per comperare la merce dai contadini, per questo c'era "el Banco Prestiti de siora Ursula della Verdura", una banchiera popolana che compariva in piazza della Legna all'alba ed esercitava fino all'ora di pranzo. La "contabilità", contenuta in una grande tasca della gonna variopinta, consisteva in un "lapis" (matita) ed alcuni fogli di carta dove annotava i movimenti della giornata ed i nomi o soprannomi dei beneficiari del prestito. Alle "venderigole" della piazza bastavano piccole somme, però l'interesse che chiedeva era piuttosto alto, il quattro per cento al giorno sul capitale prestato. Oggi "Siora Ursula" verrebbe definita strozzina o usuraia, ma a quel tempo quel piccolo commercio clandestino era molto utile.
All'epoca comunque lo strozzinaggio era considerato un delitto perseguibile penalmente, tanto grave da essere demandato alle competenze del Tribunale, quale sia stata l'entità dell'infrazione.
Le leggi austriache inoltre non contemplavano né il condono né la condizionale.
Il mercato rimase attivo più o meno fino al 1936, quando venne conclusa la costruzione del mercato coperto, una struttura moderna e funzionale che poteva ospitare fino a 300 banchi, per le venderigole e per i prodotti venduti. Si risolvevano in questo modo una serie di problemi sia climatici che igienici.



Vorrei concludere con la canzone più nota sulle venderigole

LA VENDERIGOLA
(Parole e musica di Edoardo Borghi "Oddo Broghiera" - 1895)

Presentata il 14 febbraio 1895 al Concorso dei complessi corali (con un premio di 200 corone) organizzato dalla "Previdenza" durante il veglione mascherato di Carnevale. Già conosciuta nei café-chantants della città, venne cantanta da un coro, pure lui in maschera, con accompagnamento di mandolini e chitarre e vinse il primo premio.

I.
Son de mestier venderigola in piaza,
son triestina, matòna, sincera,
mi trato tuti con bela maniera,
solo un scartozo no posso sofrir.

El vien, el palpa, el sbècola,
el resta là impalà
a dirme stupidezi
che proprio no me va.
Se ancora, el guardi, el stùziga,
ghe tiro drìo un limon;
go brazi stagni e forti,
che nova? Sior paron!

II.
No cambiarìa la mia bula baràca,
nè istà, nè inverno, con qualche palazzo,
là sfido 'l sol, co' la bora me iazzo,
ma no bazilo, son fata cussì.

Pecà che vien quel tàngaro
in guanti profumai;
per spender la flicheta
el tira su i ociai.
E po' 'l me disi «strucolo»
el tenta un pizigon...
go brazi stagni e forti,
che nova? Sior paron!

III.
Se qualche volta i me tira in barufa,
la cavelada va in aria, no nego,
e zigo forte che proprio me sbrego,
za chi che ziga ga sempre ragion.

E a quel ghe zigo: "bacoli!"
se 'l credi 'sto pivèl
de rimurciarme in casa
coi fruti in tun zestèl.
Son nata venderigola
a l'ombra del Melon,
go brazzi stagni e forti
che nova? Sior paron!


Testi consultati:

"Teatro dei mestieri della Trieste "de una volta" di E. Rigotti
"Trieste Romantica" autori vari edizioni Italo Svevo
"Trieste Antica e Moderna" E. Generini
www.wiki-site.com

2 commenti:

  1. Troppi refusi di battuta: piaza con due zeta,ma dona sincera , non matona

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prova a cercare in rete "matòna" deriva da matòn agg. significa allegro, giovialone.

      Elimina