martedì 24 febbraio 2015

I mandrieri

Foto collezione Sergio Sergas

Vorrei iniziare con la definizione della parola màndria che si legge sul "Pinguentini": il nome deriva dal greco "mandra", recinto, stalla, monastero; nel tergestino, podere chiuso.
Interessante anche per i derivati "mandrier", colono, mandriano, come è detto il contadino del nostro territorio.

Risiedevano nelle periferie della città e nell'altipiano carsico, dedicandosi alla cura dei bovini e degli altri animali da pascolo. Nei boschi limitrofi raccoglievano legna da ardere. I "mandrieri" solitamente erano proprietari della mandria, dei campi e delle casupole provviste di capaci stalle.
Il lavoro del mandrier era vario, contadino, venditore dei prodotti della terra e di legna da ardere e naturalmente pastore. Al mattino presto scendevano dall'altipiano carsico con le zaie (carri con cestoni) trainati da buoi e si dirigevano verso Trieste per vendere i loro prodotti.
Stampa acquerellata, collezione Giorgio Arcion

Costumi

I loro costumi tradizionali, tramandati da padre in figlio, si distinguevano per la ricchezza dei tessuti e degli addobbi.
Gli uomini portavano lunghe giacche in velluto nero guarnite con di bottoni d'argento e bordate di seta attorno agli occhielli, alle tasche ed ai polsi. Quelle usate per il lavoro avevano il medesimo taglio, ma erano prive di ornamenti e prendevano il nome di "koret".
Sotto la giacca il panciotto, chiamato anche "kamižola" o "kamželin", fatto sempre di velluto bordato in seta, era decorato da due file di bottoni ottagonali in argento, che non venivano cuciti, ma avevano un gancetto per essere infilati in appositi buchini; proprio per questo motivo nelle foto li vediamo un po' pendenti. Le braghe di panno erano larghe e arrivavano fino alle ginocchia, avevano un piccolo spacco ai lati della gamba, studiato per renderle comode nei lavori dei campi e delle vigne. Anche per i pantaloni esisteva un modello per i giorni di festa bordato con seta gialla, rossa o azzurra attorno alle tasche davanti e lungo i fianchi. Le calze di lana arrivavano a coprire i polpacci, le scarpe erano basse e gli uomini ricchi e sposati vi applicavano delle fibbie d'argento. Sulla testa portavano spesso un cappello scuro, con tese molto ampie utili anche come parapioggia, la domenica i cappelli erano ornati con nastri di seta nera. Altro berretto tipico era il "caregon" ("frkindiš" nel dialetto sloveno), che deve il nome alla sua forma particolare, con un'alta falda che poteva essere abbassata a proteggere dal freddo il collo e le orecchie. Confezionato con preziose pellicce, soprattutto di ghiro, e talvolta orlato in velluto verde, veniva portato durante le parate ed in ogni occasione importante; un berretto di questo tipo poteva costare anche 20-30 fiorini. D'inverno, sopra i vestiti, portavano un mantello ("Kapot") con cappuccio, in panno pesante e molto resistente. All'interno era peloso, per proteggere meglio dal freddo ed orlato sul davanti in panno rosso. Costava circa 20 fiorini. A completare il loro abbigliamento un orologio con catena e, pure molto diffuso un orecchino con il moro all'orecchio destro. L'uso di tale costume è andato scemando dal 1870 circa.

                                                           
Una bell'interno con la coppia di "mandrieri" in costume.
Dipinto a olio del 1840 di Giovanni Pagliarini di Ferrara, intitolato "Ballo dei Mandriani nei dintorni di Trieste" esposto al Civico Museo Teatrale "Carlo Schmidl" di proprietà dei Civici Musei di Storia e Arte

Tutt'oggi, per mantenere vive le tradizioni, i costumi vengono preparati con cura e indossati in occasione di manifestazioni, matrimoni e cerimonie. Per gli sloveni della zona di Trieste questi abiti costituiscono un importante collegamento alle loro radici e quindi li usano ogni volta che vogliono sottolineare questo fatto.
Da ricordare ancora Monrupino, dove, l'ultima domenica di agosto degli anni dispari, si svolge la rievocazione storica delle Nozze carsiche. Questa cerimonia, che ha preso vita nel 1968, segue le fonti storiche ed etnologiche degli usi nuziali popolari sul Carso nel XIX secolo.

Nozze Carsiche" sulla Rocca di Monrupino Foto Giuliano Coren 2009


Stampa acquerellata collezione Giorgio Arcion

Concludo con una leggenda che narra di un sarto che viveva in un paese del Carso ed era caduto in miseria, in quanto da tempo non riceveva  più commissioni. Doveva realizzare ancora solo un ultimo paio di pantaloni, per un mandriano povero quanto lui. Non riuscendo più a provvedere alla sua numerosa famiglia, disperato invocò l'aiuto del diavolo; questi arrivò e si dichiarò disposto ad aiutarlo, ma volle fare un patto, una prova di abilità. Propose di cucire quel paio di pantaloni, se fosse stato lui il più veloce avrebbe avuto l'anima del sarto, altrimenti gli avrebbe dato una borsa piena di denari. Iniziarono a tagliare la stoffa nel medesimo istante,  il sarto, che conosceva bene il mestiere, scelse una "veta" (gugliata) di filo corto, mentre il diavolo ne scelse una lunghissima, sperando di risparmiare il tempo non dovendo infilare il filo tante volte. Il sarto procedette spedito e con regolarità, mentre il diavolo doveva estendere esageratamente il braccio perdendo del tempo ed inoltre il lungo filo si ingarbugliò più volte su se stesso. Quando il diavolo si accorse di stare perdendo la sfida divenne rosso per la rabbia e tagliò un pezzo di gamba ai pantaloni del sarto,comunque, prima di scomparire, gli lasciò quanto pattuito. Il sarto, non sapendo cosa fare dei pantaloni rovinati dalla sforbiciata del diavolo, li accorciò fin sotto le ginocchia e per migliorarli, praticò ai lati un piccolo spacco, poi li vendette per pochi soldi al mandriano. Da quel giorno i mandrieri  portano questi caratteristici calzoni a ricordo della scommessa persa dal diavolo.
Questo francobollo che rappresenta una coppia di mandrieri è uscito in Slovenia nel 2014. L'immagine è tratta da una stampa di A. de Castro
Altri link sullo stesso argomento "El Mandrier" di via Cisternone

Fonti:
"Fiabe e leggende tradizionali di Trieste per i più piccoli" di Giuliana Novel
"Čarobna nit - Il filo magico" Gruppo Folkloristico Triestino Stu Ledi